Raccolta differenziata
di Aldo Vaglia

I cittadini sono contenti, i sindaci innalzano il loro indice di gradimento, ma la parola magica “differenziata” nasconde molte magagne.

 
Da quando l’uomo ha cominciato a costruirsi le case ha trattato i rifiuti nello stesso modo che oggi sembra il ritrovato scientifico di qualche mente eccelsa.
Ha differenziato, bruciato e buttato lontano da dove abitava i residui privi di ogni possibilità di produrre energia.  
 
Oggi lo slogan: facciamo la differenziata mette tutti d’accordo: destra, sinistra, centro, cittadini e sindaci.
Sui rifiuti si fanno i più grossi affari, si gioca la politica, è il settore più soggetto a corruzione di tutta l’economia nazionale.
È più importante del pane.
In Italia si consumano 66Kg di pane a testa ogni anno mentre si producono 520Kg di spazzatura.
Nessuno può rinunciare a un business di questa portata, non ci rinuncia la politica meno ancora la malavita organizzata.
 
Si potrebbe dire niente di nuovo sotto il sole.
In realtà il nuovo ha inizio con i materiali che non si decompongono né  attraverso la normale azione dei microrganismi né con acqua, vento e sole.
Le materie plastiche, materiali eccellenti, hanno un difetto: sono difficili da differenziare e non tutte sono riciclabili.
È anche una questione di quantità.
Non è possibile produrre rifiuti al ritmo attuale, pensando di risolvere il problema solo con lo smaltimento.
Le risorse naturali non sono illimitate e gli ecosistemi hanno una capacità di autoregolazione limitata.
 
I rifiuti sono in linea di massima composti per il 30% da materia organica (residui di cibo), 8% vetro, 4%metalli, 24% carta e cartone, 10% legno stracci, 11% plastiche, 1% pericolosi, 12% altro.
Dall’analisi si intuisce che solo il 45% è adatto ad essere bruciato e può produrre calore, il resto o non brucia, il vetro e i metalli, o richiede più energia per essere bruciato di quella che restituisce: è il caso della componente chiamata “umido”.
 
La domanda che sorge spontanea è: perché differenziamo e perché una volta differenziato buttiamo tutto nell’inceneritore?
Le risposte sono abbastanza semplici: le sostanze combustibili bruciano molto meglio se selezionate, per accendere e alimentare il fuoco usiamo legna secca, ma una volta acceso anche se lo alimentiamo con una parte di legna verde esso non si spegne.
E il perché buttiamo tutto dentro è ancora più semplice: lo smaltimento dei rifiuti viene pagato a peso quindi più butto più guadagno.
La legge, pur chiamandoli termovalorizzatori, paga gli incentivi delle assimilate senza preoccuparsi della redditività dell’impianto e ciò che non riescono a fare le frazioni combustibili dei rifiuti lo fa il “metano”.
Cosi una normale centrale a gas che non prende incentivi viene sostituita da un termovalorizzatore che ci guadagna due volte: la prima quando smaltisce la seconda quando produce corrente.
 
Se facciamo due conti ci accorgiamo che se il termovalorizzatore di Brescia può smaltire 700.000 tonnellate anno e la produzione pro capite è 520 Kg anno, l’inceneritore che funziona a pieno ritmo può bruciare la spazzatura di 1.346.000 persone.
Il problema non è allora se i termovalorizzatori funzionano o non funzionano (quello di Brescia funziona benissimo), ma delle leggi che spingono a cacciare negli inceneritori anche quella parte di rifiuto che troverebbe una via molto più economica ed energeticamente più conveniente.
 
La domanda che il cittadino deve porsi non è: se e come fare la differenziata, ma che fine fanno le frazioni dei rifiuti e chi ci guadagna.
 
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