Brescia cattolica, cosa ti succede?
Un lettore ci propone una lettera scritta un anno fa, ritenendola ancora attuale. Voi che ne dite?

CARA BRESCIA CATTOLICA, FAMMI CAPIRE QUELLO CHE TI STA ACCADENDO
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Scritta da :
Don Fabio Corazzina, parroco di S:Maria in Silva-Brescia
Claudio Treccani, animatore del centro missionario diocesano
Francesca Martinengo, giovane studentessa
Pubblicata su Quale Vita - aprile 2010
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700 missionari sparsi per il mondo ad annunciare e testimoniare il Vangelo, tra le prime diocesi d'Italia per i numero di adozioni a distanza, di seminaristi, 800 sacerdoti, 5 istituti missionari più diversi istituti religiosi aventi missioni, le adozioni a “distanza” proliferano in ogni associazione, più di 150 associazioni-onlus impegnate per la cooperazione  nei paesi del sud del mondo (con forme e modalità diverse), 150 gruppi  missionari nelle parrocchie che fanno informazione, formazione e raccolgono fondi per i fratelli del sud del mondo, Banca etica fa la sua parte, il Commercio equo solidale ha raggiunto i 29 negozi, 7 ong da anni operano per il sud del mondo...e potremmo continuare. Non manca certo l'attenzione agli ultimi, ai poveri, agli “altri”.
 
“Senza Verità, senza fiducia e amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia degli interessi privati e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via  di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali”(Caritas in veritate, 5)
 
La verità è che c'è qualcosa che non funziona al di là di questa luminosa facciata e di questa gloriosa storia.
Siamo sempre stati in grado di far coabitare virtuosamente diavolo e acqua santa.
Infatti siamo tra i primi produttori e commercianti di armi al mondo e non se ne può parlare.
 
Cresce, anche nelle nostre parrocchie e fra i preti e religiosi, una cultura leghista ben lontana dal vangelo (si raccolgono firme per difendere il crocifisso, brandendolo come una spada e urlando “nessuno potrà mai privarci dei nostri simboli, della nostra storia e della nostra identità”: che tristezza e che vergogna!).
Dilaga la violenza verbale, culturale e aumentano i gesti di avversità contro gli stranieri (ci manca pure l'ultima trovata del CIE -Centro di identificazione e espulsione- che non renderà Brescia più sicura ma certamente più conflittuale).
Continuiamo a maltrattare l'ambiente in cui viviamo e privilegiamo logiche di cementificazione e di inutile inquinamento o l'idea di guadagnare su tutto privatizzando ciò che spetta a tutti (vedi l'acqua).
Consumiamo, pro capite, 25 volte più di un abitante dei paesi del sud del mondo.
 
Tolleriamo (e votiamo) leggi apertamente ingiuste e inique.
Dimentichiamo la coscienza  pur di intrupparci in logiche di potere e di partito.
Ci lamentiamo della chiesa e dei vertici (giustamente), per i loro silenzi e connivenze, ma non sappiamo vivere una sincera, libera e adulta vita di fede nell'economia, nella politica, nell'educazione.
Chiediamo privilegi che non riconosceremo mai agli altri. Inneggiamo al Papa e poi prepariamo delibere che calpestano la dignità della persona e i diritti umani.
 
I fatti di Coccaglio e di Rovato ci turbano e ci interrogano.
Ci turba la violenza gratuita e insensata contro due giovani tanto quanto l'odio e la violenza che cresce dentro le nostre comunità.
4 manifestazioni in 4 giorni e totale incapacità di dialogare e lavorare insieme per il bene comune.
Chiedere giustizia e legalità non ci esime dal coraggio dell'ospitalità e dell'accoglienza.
Chiedere sicurezza e meno violenza non ci esime dalla valutazione della mole di violenza che noi abbiamo seminato nel mondo e stiamo seminando nel nostro mondo.
 
Chiedere attenzione alla famiglia non cancella la responsabilità di espellere famiglie intere in nome di leggi fatte dal centro sinistra o di un pacchetto sicurezza scandalosamente ingiusto (il sindaco di Coccaglio avrà formalmente ragione ma la formalità del rispetto delle leggi in questo caso e in molti altri casi non si coniuga più con la libertà di coscienza e il bene dell'uomo).
Chiedere identità significa fare seriamente il punto sulla qualità della nostra vita e scelta cristiana, di singoli e di comunità.
Se le destre e le sinistre in questi giorni hanno inneggiato al crocifisso e al bianco Natale, se che vuole mettere la croce sulla bandiera italiana si fermassero a leggere e vivessero il Vangelo nulla di questo sarebbe accaduto. Intanto le comunità cristiane balbettano, o tacciono.
 
Ci domandiamo cosa abbiamo da perdere e perché abbiamo così tante paure.
Ci domandiamo perché le nostre comunità si sono incattivite. Ci domandiamo perché, anche nei nostri consigli pastorali e fuori dalle chiese, in paesi a maggioranza cattolica, è più facile sentire una bestemmia piuttosto che una parola di speranza.
Ci domandiamo perché sia rilanciato un cattolicesimo che cerca poltrone e potere piuttosto che uno stile di vita libero, povero e in dialogo costante con il mondo.
Siamo invece certi che Gesù ci chiede di stare con gli ultimi, di servire e non farci servire, di scegliere Dio e non il denaro, di costruire pace e nonviolenza, di essere benedizione e non maledizione: Buoni, liberi, poveri e coraggiosi compagni di viaggio per questo mondo che chiede incontro e non censure e chiusure.
A quando un discernimento veramente comunitario?
 
Pubblicata su Quale Vita - aprile 2010
 
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