Cicorie
di Itu

All'ìinizio della primavera ogni anno i prati sono pascolo di cercatori del prezioso tarassaco.

Appena dopo lo sbucare delle primule su qualche ripa più esposta alla luce e prima che il prato riesca a respirare il primo verde di qualche goccia d’acqua le intenditrici le trovi chine, in tasca un coltello ed un sacchetto a spiare l’attesa crescita.
In valle è un rito antico e così attaccato al cuore e alla pelle che dopo il carnevale si esprime in altra festa: oggi andiam per cicorie.
 
Così la gara si gioca sul nascere, il primo tarassaco che sdraia le sue foglie viene presto individuato e senza drammi sdradicato; nasce così la stagione all’aperto, con la scusa di rifornirsi di quegli amari umori purificanti si parte a gruppi, donne assetate di raccontare il triste inverno, misti di bimbi ancora in grado di divertirsi con le mamme e anche coppie anziane che volentieri rincorrono i giovanili ricordi.
 
Perché in montagna si deve uscire sempre con qualche scusa utile al pranzo, passeggiare senza scopo sembra tempo perso.
In effetti la terra offre sempre qualche piccolo dono, anche nei tempi più rigidi e niente commuove di più di quell’umile piantina che per prima annuncia la frenesia della prossima erba rigogliosa.
 
In qualsiasi modo venga cucinata poi tutta la famiglia l’assaggia perché nel coglierla si è visto il cielo movimentato di nubi e squarci mossi da quel vento che non vuol più far male come d’inverno.
Si aprono le danze della nuova stagione, tempo da cicorie.

 
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