Fucina Zanetti, simbolo del paese
A Casto, è stata inaugurata l’antica fucina della Moia, ultimo esempio della lavorazione del ferro che fu simbolo della laboriosità del paese.
Il taglio del nastro è stato effettuato sabato 28 aprile.


A Casto, è stata inaugurata l’antica fucina della Moia, ultimo esempio della lavorazione del ferro che fu simbolo della laboriosità del paese.
Il taglio del nastro è stato effettuato sabato 28 aprile, presenti le autorità locali ma, soprattutto, tanta gente comune.

Ed a loro sono andati i ringraziamenti del sindaco di Casto, Simona Freddi: «Per le tante testimonianze del lavoro del ferro da loro messe a nostra disposizione - ha detto -, testimonianze che ora diventano patrimonio dei cittadini di Casto».
Da fotografie vecchie a libretti di lavoro, da cataloghi a depliant, da marchi aziendali ad oggetti, attrezzi e manufatti del passato in fucina, da fatture a diari, da indumenti di lavoro a modelli di attrezzi prodotti in passato a Casto, alla testimonianza verbale sull’ormai scomparso mondo della fucina: tutto questo costituirà, insieme alla fucina restaurata della Moia, la storia del lavoro del ferro a Casto, oggi ricordo suggestivo, ma ieri pericolosa e concreta fatica.

Un’operazione da circa 290mila euro giunti dall’Europa via Regione, per il restauro conservativo della fucina col ripristino di tetto, strutture murarie e, infine, macchinari. Poi si è passati ad istallare il software necessario a far conoscere ai visitatori sia la fucina che l’antica lavorazione del ferro. A questo va poi aggiunto il costo per l’acquisto della fucina stessa da privati.

Torna così a rivivere la fucina Zanetti di località Moia di Casto che, abbandonata negli anni ’80, era ormai l’ultimo esempio di fucina in un paese che del ferro e dei metalli ha fatto la base della propria storia economica, tanto da porre nel proprio stemma comunale un uomo che lavora al maglio: «A Casto - spiega l’esperto Giancarlo Marchesi - mettere a coltura l’intero territorio procurava un tempo cibo per soli tre mesi l’anno. Ed ecco allora nascere la lavorazione del ferro, possibile grazie ad alleati preziosi quali l’acqua, il legname ed il metallo estratto dalle miniere.

A Casto, ad inizio ‘600 c’erano 35 impianti, con la fucina quale terminale di un lavoro iniziato nelle miniere triumpline e proseguite poi a Livemmo, al forno fusorio. E per capire i termini del fenomeno, basti pensare che a inizio ‘700 il territorio bresciano produceva il doppio delle ghise prodotte sul territorio dell’intera grande Russia».
Ad inizio ‘800 a Casto le fucine attive erano 23, divenute poi 4 ad inizio ‘900: «E quando sembra che la fucina muoia - continua Marchesi -, ecco il cavalier Luigi Lucchini che, partendo dalla "Fusina rota", arriva a costruire un impero economico che lo porterà anche a dirigere Confindustria. A Casto, a fine ‘900 erano più gli occupati al lavoro che gli abitanti residenti».

«Casto - spiega lo storico Alfredo Bonomi - ha dato nei secoli importanti figure per il paese: dalla famiglia Gnecchi ai De Benedictis (i Montini del papa), dai Soldi (con la figura di padre Organtino Gnecchi Soldi) alla famiglia Passerini (col filosofo Gianbattista), per concludere col ‘900, che ha dato i natali, oltre che a Lucchini, anche all’onorevole e ministro Egidio Ariosto».
Una storia che, idealmente, si completa ora con l’ultranovantenne Nestore Zanetti, presente sabato all’inaugurazione della "sua" fucina della Moia.

Massimo Pasinetti da Bresciaoggi
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