Che brividi devono aver percorso la schiena di Garibaldi una volta terminato il lavoro di cucire insieme l’Italia.
Già dare un nome a questo territorio tutto slabbrato di guerre e riporre la camicia rossa tutta sdrucita e macchiata per uno che aveva già in testa di andare a liberare altri popoli era origine di inquietudine, poi la fama si scolora quando di battaglie non ce n’è più da fare e le mani in pasta per cercare delle regole le deve mettere chi a quel punto ha da mettere la testa e non la pancia.

 

Perché una cosa è partire con la guerra e altra dare senso alla pace.
Che follia deve essere stata proporre una topografia di città che da Palermo a Bari a Venezia a Torino si proponevano con quel municipio in Piazza Unità d’Italia , con snodi centrali fatti di via Roma, di via Marconi e De Amicis tanto per dare senso a personaggi e posti confidenziali al nuovo paesaggio.

 

Che trepidazione chiamare una scuola Collodi e ricordare la storia di Pinocchio e le sue avventure.
Questo fu l’ordito cucito per noi posteri.

Il sudore che scendeva sulle fronti di bambini obbligati ad imparare a scrivere e leggere una lingua nuova , mentre intorno cresceva un mondo di altro lavoro , l’impazienza di trovare nuove speranze e senz’altro i vecchi a sbuffare di questa novità : ma non si poteva lasciare stare tutto come prima?

 

Però io oggi so che se vado in una città qualsiasi d’Italia Via Roma non la cerco nella periferia, forse addirittura trovo sul percorso una antica chiesa barocca o un monumento o un museo.
Questo non c’era prima dell’Unità d’Italia e forse può essere anche inutile ma so che quello che ho scritto adesso lo possono leggere in tanti senza difficoltà e posso ringraziare quel bambino che ha stramaledetto quel pazzo che lo ha obbligato ad imparare questa nostra lingua comune.

Io lo amo quel bambino perché mi ha dato la possibilità di diventare ricchissima di tutte le parole che mi sarebbero mancate.