Sanremo 2011, il Prof torna in cattedra
di Davide Vedovelli

Si chiude nel migliore dei modi la sessantunesima edizione del Festival di Sanremo. Il Prof. Vecchioni sale in cattedra con la canzone “Chiamami ancora amore” e riesce a portare a Sanremo la canzone d’autore.

L’immagine che più mi ha colpito è stata veder Roberto Vecchioni cantare la sua canzone con l’amico e collega Gianni Morandi, visibilmente commosso, a pochi metri da lui, in piedi, sul palco, con un sorriso che voleva dire “ce l’abbiamo fatta…”. Vecchioni, dopo aver saputo la notizia della vittoria ha detto a Morandi “è merito tuo…, se non era per te che sei venuto a prendermi a casa non ci sarei mai venuto qui”. Successo di pubblico e critica per una canzone, che non credo sia una delle più riuscite del Professore, ma certamente la migliore di tutte quelle in gara. Una canzone che parla di una notte che dovrebbe finire, di ragazzi con un libro in mano, di necessità di protesta ma anche di speranza. Una pezzo in pieno stile “vecchioniano”, dove l'attualità si cela tra i versi di pura poesia, dove amore e rabbia si fondono in un universo solo. Poi il richiamo alle stelle, alle idee e alla madre, temi che tornano tantissime volte nella poetica del Professore. Infine l'idea di un dio (-...il sorriso di Dio...- canta alla fine della canzone, che ricorda il verso di De Andrè “..di un Dio il sorriso...” in “Se ti tagliassero a pezzetti), di una fede, senza un nome preciso, ma che potrebbe aiutare ad uscire da questa notte.

“Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero...”


Cuore ed emozione, mestiere ed esperienza per un pezzo che parla più al cuore che al cervello. Vecchioni ha giocato sporco e ha fatto bene, confezionando un brano all’apparenza facile ed immediato, ma che, ascoltandolo attentamente, contiene significati molto più complessi. A seguirlo in classifica i Modà e Al Bano, distanti anni luce dalla perla “chiamami ancora amore”. Un piccolo dolorino per la canzone di Franco Battiato e Madonia, troppo complessa per vincere al televoto.

Ora è tempo di tirare le somme di un Festival a mio parere ben costruito e riuscito. L’impronta di Morandi ha costretto i più scettici, come me per esempio, a guardarlo e convincersi che il risultato è buono. Meno soddisfatto dalle due soubrette e da Luca e Paolo. Luce e faro è Roberto Benigni, profeta in Patria a cavallo, è lui il Garibaldi del Festival. Con le inevitabili polemiche, che quest'anno hanno interessato la modalità di televoto, si è conclusa anche questa edizione, poco televisiva ma molto musicale, e così dovrebbe essere sempre. Le radio sono già infestate dalle canzoni della rassegna: speriamo facciano buon uso di queste piccole perle nel mare del nulla che normalmente viene trasmesso.

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