In un monologo la storia di Nedo Fiano
di red.

Sabato per le scuole e domenica per il pubblico adulto Emanuele Turelli presenta a Gavardo la vera storia di un ebreo italiano scampato nel lager di Auschwitz.

Fa tappa a Gavardo la terza stagione de “Il Coraggio di Vivere” il monologo, scritto e interpretato da Emanuele Turelli, che racconta la storia vera di Nedo Fiano, ebreo italiano, reduce dal campo di sterminio di Auschwitz e da altri sei campi, fra cui quello di Buchenwald, dove fu liberato, dopo oltre un anno di prigionia, dalle truppe americane, l’11 aprile del 1945.

Questo sabato, 29 gennaio, alle 10 del mattino, sarà presentato nel teatro parrocchiale di Gavardo, per il pubblico studentesco, in replica per il pubblico adulto il giorno successivo, domenica 30 gennaio, alle 16.30, nell’auditorium “C. Zane”, in via Quarena 8.

Con una scenografia ridotta al minimo (l’unico elemento di scena è un candelabro ebraico a sette braccia), Turelli racconta le vicende di Nedo Fiano in forma diretta e coinvolgente, proponendo un prodotto che inquadra il periodo storico ma che fa leva soprattutto sulla storia di Nedo e dei suoi cari prima a Firenze, poi al carcere delle Murate, poi a Fossoli, poi a Auschwitz, poi a Stutthoff, Stoccarda, Krawinkel, Oudhroff e Bunchenwald, nel periodo compreso fra il 1938 e il 22 aprile del 1945.

Nedo Fiano: “Lavoro eccellente, coinvolgente e lodevole”
Il “Coraggio di Vivere” è una narrazione di oltre un’ora, che ripercorre i passi principali della vita di Nedo Fiano, da quando, bambinetto di 13 anni, viene escluso dalla vita sociale in seguito alle leggi razziali, a quanto, diciottenne, viene liberato in fin di vita dalle truppe americane nel cuore della Germania nazista, dopo averne “visitato” i più tremendi campi di sterminio. Lo stesso Nedo Fiano, davanti all’opera di Turelli, ha avuto parole di grande elogio: “Questo eccellente lavoro – ha detto – è completo e preciso. Una ricostruzione che non lascia nulla al caso, coinvolgente e lodevole”.

Un cavallo di battaglia per Turelli che, fresco reduce del successo di “Gleno, 1 dicembre 1923” sembra avere introdotto nei teatri bresciani e lombardi un nuovo modo di raccontare la storia: “Pur esibendoci in teatro, non facciamo del teatro classico – specifica – il mio è più un racconto emozionale di ciò che la storia ci ha solo tramandato sui libri. Io ho ricercato, raccolto e rielaborato le storie vere degli uomini e delle donne che quei fatti li hanno vissuti sulla propria pelle. Ho isolato le loro emozioni, i loro sentimenti, le loro piccole storie all’interno della grande storia. Un mio monologo non lascia nulla all’interpretazione: racconta e basta. Il pubblico gradisce e io non posso che esserne fiero”.

Emanuele Turelli ha impreziosito il monologo “Il coraggio di Vivere” con cinque spezzoni video firmati dall’amico e regista Ulderico Fenaroli e con le musiche selezionate da Agostino Pedretti. Ogni rappresentazione è ad ingresso libero e sconsigliata ai ragazzi inferiori ai 12 anni se non accompagnati da un adulto.

In foto Emanuele Turelli durante il monologo

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