Solo economia di sussistenza?
di Aldo Vaglia

Un territorio vasto a bassa intensitŕ abitativa. Sono le premesse giuste perchč il settore primario possa dire la sua anche nella nostra Valle.

 
Solo economia di sussistenza il settore primario nella nostra valle?
Cina, Olanda e Toscana la pensano diversamente.
Agricoltura, allevamento, boschi, frutta, ortaggi, una sapiente utilizzazione di questi prodotti può trasformare un’economia di sussistenza in una ricchezza.
Ne sono un esempio grandi e piccole nazioni e luoghi in Italia dove il territorio oltre a una qualitĂ  della vita invidiabile ha dato risultati economici impensabili fino a qualche anno fa.
 
Non è un ritorno ad un “sogno agreste” da opporre alla città o all’industria, non è il “paradiso perduto” dei valori “morali e culturali”, è una necessità economica.
La nostra valle ha vissuto momenti di industrializzazione e relative crisi per la maggior parte riassorbite da produzioni sostitutive, che vedevano nel prodotto un alto consumo energetico, un grosso impiego di capitale e un basso contenuto tecnologico.
La sapienza delle maestranze ha sempre controbilanciato quella difficile ubicazione delle fabbriche che ha visto nei collegamenti una grave perdita di competitivitĂ .
 
Il folle ricorso ai prepensionamenti, gli smantellamenti senza reinvestimento del capitale, l’impiego di mano d’opera straniera, la delocalizzazione e la globalizzazione hanno creato condizioni che difficilmente verranno superate.
L’imprenditoria locale (ma anche quella nazionale) sembra più intenzionata a contenere i costi e usare vecchie ricette che a investire in ricerca e innovazione e dare il via a produzioni più competitive e di maggiore contenuto tecnologico.
La bassa natalità ed il risparmio sono stati i veri ammortizzatori di questa crisi, ma il “cul de sac” in cui ci siamo cacciati non promette nulla di buono.
 
La Valle ha una grande ricchezza: un vasto territorio con una bassa densitĂ  abitativa.
Questo che è un difetto per le economie industriali, può essere un pregio per certa agricoltura.
La Cina che per molti aspetti è da criticare (ma ne parleremo in altra occasione), occupa nell’agricoltura la maggior parte della popolazione. Il rapido sviluppo della sua agricoltura è dovuto alla riforma rurale del 1978. la riforma ha portato benefici pratici ai contadini, la produzione di cereali, cotone, semi di colza, tè, carne, uova, ortaggi, prodotti acquatici è al primo posto nel mondo.
 
Da alcuni anni il governo cinese considera il lavoro agricolo prioritario. I redditi dei contadini sono in costante aumento, la graduale realizzazione dello sviluppo coordinato tra città e campagna è una realtà.
I cinesi sono talmente convinti di quello che fanno in patria, che mandano per il mondo i “nuovi coloni”a comperare terreni certi che non la guerra (come credono gli occidentali), ma la terra risolverà i problemi economici.
 
In un convegno organizzato dalla regione Toscana, non solo la Cina è stata presa a modello, ma l’Olanda e la stessa regione Toscana l’hanno fatta da protagonisti.
L’intervento dell’economista olandese Jan Douwe van Der Ploeg, partendo dalla valorizzazione della figura dell’agricoltore quale vero depositario della cultura del “saper fare”, ha delineato un percorso che partendo dall’agricoltura biologica e la produzione di qualità è approdato alla conclusione che bisogna investire per valorizzare ciò che non è importabile ovvero: la tipicità, il paesaggio, le produzioni locali.
 
Recuperare il rapporto con la natura, scegliere la strada del biologico e delle bioenergie, fare della natura un vero e proprio “capitale ecologico” prende in Europa il nome di “Modello Toscano”.
 
 
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