Le luci del solstizio d'inverno
di Itu

La combinazione fra l'inclinazione dell'asse terrestre e il moto di rivoluzione, da sempre interviene anche nel profondo dell'animo umano.

 
Da sempre sono intricata dentro il mistero che sbatte nel gelo e nell’oscurità le mie risorse in questi giorni di dicembre, ma oggi ho trovato ragione di quella bruma che appassisce e che automaticamente si ricarica dentro il tempo che passa.
Nel cielo tra il 21 ed 25 di dicembre c’è un rapporto matematico di inclinazioni e angoli con il sole che si esplicano nel fenomeno del solstizio, la luce arriva breve a sfiorare lontana il nostro orizzonte.
 
Ma questa è astronomia; io sono invece parte di un tutto che in eco porta dentro il terrore, i brividi ,il tempo lunghissimo della notte, di una umanità indietro che vedeva e sopportava questo periodo a rischio della vita, che cercava fuoco e luce, che vedeva morire più facilmente i suoi piccoli e non poteva darsi spiegazione del perché gli alberi e le piante non potevano dare più buoni frutti.
 
Si temeva che il sole morisse per sempre, i vecchi servivano a conservare la speranza e forse da questo diventarono preziosi custodi delle tradizioni, rispettati perché spezzavano la tristezza del sole che scappava dal cielo.
Ecco tutte le feste pagane di questo periodo, a Roma le “Saturnalia” e i riti dedicati a Giano, il dio dalla doppia faccia.
 
Poi la cristianità che in Gesù ha trovato il sole della vita.
Arrivata ad una certa età mi domandavo come mai la festività dell’Annunciazione fosse in tempi inspiegabili così ravvicinata alla nascita del Cristo: semplice comodità di redazione di calendario, di sicuro l’impatto significativo era che in questo periodo ogni nascita diventa il cuore caldo del sole che ricomincia a dare la sua luce.
 
Ho trovato che in alcune culture si accendevano grandi falò in questi giorni per ricordare al sole di tornare ancora con la sua luce e calore.
Ho trovato anche che tra il 21 e 25 dicembre presso vari popoli si festeggia la natività dei loro esseri divini e soprannaturali.
Inchinarci di fronte ad ognuna di queste nascite vuol dire recuperare da tutto il nostro tempo indietro lo stupore, l’emozione più profonda che suscita in noi la perdita del sole all’orizzonte e quel tempo che si ferma e recupera nel suo giro terrestre l’embrione nuovo.
 
In breve la fede nella nostra umanità tutta.
Basta allora che veda questo tempo illuminato dalla storia, posso consolarmi e  aspettare in adorazione della nascita la nuova luce che tra poco darà di nuovo forza al nostro incedere verso la primavera.
 
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