Sadun e la vasca vittoriana
di red.

«Nulla tornerà come prima». il rappresentante italiano del Fondo monetario internazionale, ieri a Villanuova ha delineato gli scenari della ripresa.

 
«Chi pensa di ricomporre il vaso rotto dalla crisi con gli stessi cocci, può risparmiarsi la fatica. Per uscirne, e ci vorrà tempo, non sarà possibile tornare al modello di economia e di società che ha mostrato di non essere più sostenibile».
Parola di Arrigo Sadun, direttore del Fondo Monetario Internazionale per l’Italia, uno dei 24 membri che siedono nel "board" dove si prendono le decisioni più importante in rappresentanza di 137 paesi.
Sadun, che fino al 2005 è stato direttore analisi del ministero del Tesoro italiano, è stato l’ospite d’onore al convegno che ha preceduto l’inaugurazione del ventesimo sportello della Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella in terra bresciana, a Villanuova in Valsabbia. Al convegno hanno partecipato anche il prof. Ugo Morelli, docente di psicologia del lavoro, e il confindustriale Giuseppe Pasini, presidente di Fedeacciai con origini in Valsabbina.
 
Invitato a parlare degli scenari che si aprono dopo la crisi, l'economista non si è tirato indietro. Dal suo punto di osservazione la crisi non è affatto finta, la ripresa in atto è molto stentata, soprattutto nei paesi avanzati, e la difficoltà della ripresa fa sì che i rischi di possibili ricadute siano sempre possibili.
"Gran parte della confusione e sensazione di insicurezza che si sono create – ha affermato Sadun - riflette il fatto che la crisi è stata di una gravità eccezionale, e gli schemi di interpretazione che di solito vengono applicati in situazioni analoghe non funzionano più".
Sadun è ricorso ad una simbologia originale per descrivere l’andamento della crisi: non lettere dell’alfabeto come "V" o "U", bensì il profilo di una tinozza vittoriana, di quelle con una sponda ripida, un fondale piuttosto lungo e la sponda opposta più bassa e meno inclinata.
«Ecco, quella sarà l’uscita: una crescita lenta che si fermerà ad un livello inferiore da dove è partita».
Le conseguenze non saranno solo economiche e finanziarie.
"Dovranno cambiare i comportamenti perché sono cambiati i presupposti" ha affermato Morelli.
Il rischio più grande è quello di un deperimento del capitale umano. "Un quarto dei giovani è disoccupato, e non riusciamo a garantire il ricambio generazionale nelle aziende", ha affermato Pasini, che rappresenta un settore particolarmente colpito dalla crisi, con il 35% in meno di produzione e punte di meno 60% di fatturato.
 
Una situazione di gravità particolarmente sentita nel bresciano.
 
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