La disperazione di mamma Donatella
di Ubaldo Vallini

C'č un filo di dolore ad unire Caino e Vestone in questi giorni. Dolore per la scomparsa di Marco Prandelli, figlio di Donatella Pivotto.

 
“Mi raccomando, ci tiene tanto ad essere un alpino. Bisogna che lo accompagnino loro in chiesa. Sono sicuro che gli piacerebbe sentir cantare il Signore delle Cime”.
Mamma Donatella, che di cognome fa Pivotto ed è originaria di Vestone, non si dava pace ieri. Marco Prandelli, il giovane di Caino che sabato pomeriggio è morto sul colpo a causa di un incidente stradale avvenuto a Gussago, era il suo unico figlio.
“Guardate qui che bel ragazzo, queste sono le fotografie del matrimonio” raccontava a tutti, mentre disponeva gli scatti in bella mostra sul caminetto.
 
Al primo piano della villetta che si affaccia su via San Rocco a Caino il soggiorno era sgombro dai mobili.
Vuoto come lo sguardo di quella mamma, in attesa di diventare camera ardente.
Tutto il pomeriggio però non è stato sufficiente per fare in modo che un magistrato disponesse il nulla osta necessario per permettere al feretro di risalire la valle del Garza. Papà Franco, carrozziere in pensione, ha aspettato a lungo in obitorio. Inutilmente.
“Ecco, questa è la foto che più piace a Laura” riprendeva Donatella, accogliendo mezza Caino che col cuore in gola saliva le scale per stare un po’ con lei, nel tentativo di lenirne il dolore.
 
E’ bastato un attimo per portarle via un figlio tanto amato.
Erano le 16 e 30 e su una Punto blu Marco stava percorrendo la Provinciale 19 sulla via di casa quando è accaduto l’irreparabile.
Atrocità nella tragedia, tutto è avvenuto sotto gli occhi della giovane moglie Laura, che lo seguiva a bordo di un’altra auto: uno scarto improvviso e poi quell’urto, violentissimo, che non gli ha lasciato scampo.
La giovane moglie non ha retto a quella vista ed è stata ricoverata all’ospedale di Ome.
 
Marco avrebbe compiuto 30 anni il prossimo 2 dicembre. Diplomato alla Moretto, lavorava come assistente tecnico all’Istituto superiore “Gigli” di Rovato.
Figlio di un alpino, era orgoglioso di aver prestato il servizio militare con la penna sul cappello. Un’esperienza che gli aveva procurato delle solide amicizie che erano poi rimaste nel tempo.
 
“Chi Marco? Una tragedia senza senso”.
A chiedere in paese tutti allargano le braccia, come si fa quando non si trovano le parole e nemmeno una remota attenuante.
Lo ricordano come un buon ragazzo senza grilli per la testa, mai uno screzio con nessuno, la passione per il calcio.
Marco e Laura erano sposati da cinque anni. Un rapporto solido il loro, che durava da molto prima e che era fonte di gioia per entrambi.
“Non mi rimane più nulla, nemmeno un nipote” si disperava ieri Donatela: “E pensare che avevano già scelto i nomi: Laura diceva che se fosse stato maschio l’avrebbe chiamato Marco junior, perché è il nome più bello del mondo”.
 
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