Il poeta cui non resta che scrivere
Classe 1914 e capacitŕ di condensare in versi una vita trascorsa tra guerra, fabbriche e poesie. Attilio Ragnoli č d'origine serlese e la vita l'ha portato sulle rive del lago d'Orta.


La poesia è quell’arte per la quale, quando per magia o rivelazione, si riesce a racchiudere in poche, pochissime parole, una vita intera, un dolore o una gioia indicibili.
Avrei tanto voluto che l’ispirazione mi donasse un concentrato di miseri vocaboli per descrivere Attilio.
Invece, ho giĂ  usato troppe inutili parole. Forse tutte.
Proviamo a ricominciare da capo.
 
Attilio Ragnoli. Poeta. Senza dubbio. Poeta di vita.
Nasce nel 1914 a Serle, in provincia di Brescia.
Il secondo conflitto mondiale non risparmia nemmeno lui. SarĂ  soldato dal 1935 al 1942 in Albania e Libia.
Lotta per la pace, nell’Italia della seconda metà del XX secolo che sembrava tanto averne bisogno.
SarĂ  convinto comunista e antifascista.
In seguito a un incidente sul lavoro e all’entrata in scena della figura delle guardie armate, decide di licenziarsi dalla Ferriera Cobianchi di Omegna.
 
Il matrimonio con Solange, conosciuta ad Orta, porterĂ  alla nascita di Alberta, unica figlia.
Sono la guerra, la natura e i dolori della vita (la morte in gioventù della madre e quella della moglie alla fine degli anni ’70) ad ispirare maggiormente il Ragnoli poeta.
Ama la splendida malinconia della solitudine: “nel mio piccolo giardino fan da barriera le ortiche/non chiamerò nessuno”, o ancora “è una ghirlanda di rughe la mia fronte/ho coperto d’ombra i miei desideri”.
Talvolta si concede l’uso cinico della rima: “non disperarti se vana è l’attesa/ogni medaglia ha il suo rovescio/come qualunque offesa”, o dell’ironia, come nella lirica “Al vino, ma a quello buono”, dove nei versi inebria il ricordo delle parole dell’Ode di Neruda, o di alcune poesie di Carducci, Trilussa e Baudelaire.
 
La guerra e la natura, ad ogni modo, capeggiano nella sua vastissima produzione: “fra trine e merletti un ragno in silenzio raccolto/forse mi insegna a vivere”, facendo dei fenomeni del mondo l’immagine con cui sorreggere gli stati d’animo, le impressioni e i giudizi del poeta.
La sua compagnia è un prezioso scrigno del quale, chiunque voglia, può possederne la chiave. Non nega il confronto con qualunque pensiero, non nega vino, saggezza e cortesia a nessuno che la vada cercando.
 
Questo è il suo fascino, il suo segreto, tutto ciò che è e che per sempre sarà.
La sua casa di Legro il petto, la sua ospitalitĂ  il cuore.
Omaggio la sua figura onorato di conoscerlo, parlando, o meglio, scrivendo di lui.
Poiché di Attilio non mi resta che scrivere.
 
di Mirko Zullo da Verbanianews.it

 
NON MI RESTA CHE SCRIVERE - di Attilio Ragnoli
 
Non ho perso la vita fra le dune
ma la gioventĂą ho lasciato
e amici che caddero vittime,
non mi resta che scrivere.
Ho sentito fame e sete, pulci e pidocchi
mi straziarono lungamente…
Dalla patria nulla ebbi,
non mi resta che scrivere.
Morti e feriti, ombre e silenzi…
Ho guardato piangendo i giorni perduti,
senza amore, senza pace, senza parole,
non mi resta che scrivere.
Ho cercato la vita, ho odiato la guerra,
non mi resta che scrivere!