La montagna soffre
Troppo elevati i costi dei produttori di latte e l’aumento del prezzo al litro non basta: così il Caseificio Valsabbino ha perso in un solo anno tre conferitori.

Il recente accordo che ha portato a un lievissimo aumento (pochi centesimi di euro) del prezzo pagato ai produttori non ha davvero migliorato la situazione di chi produce latte in montagna. E la situazione, critica, di questo settore viene bene interpretata dal Caseificio sociale valsabbino di Sabbio Chiese.
Il prezzo base appena fissato a livello nazionale è di 0,33.156 centesimi di euro + iva al litro. Davvero poco per i soci conferenti latte della cooperativa sabbiense; che oggi sono 25, tre in meno dello scorso anno, visto che appunto tre stalle hanno nel rattempo chiuso i battenti.
E se si considera che nel 2001 i produttori di latte valsabbini ricevevano 810 lire per un litro (oltre 40 attuali centesimi), ci si rende conto di come in 5 anni i ricavi siano calati moltissimo, mentre i costi sono fisiologicamente aumentati.

Nel 2006, il Caseificio ha «lavorato» 26.500 quintali di latte (1.500 in meno rispetto al 2005, e il giusto equilibrio sarebbe di 30.000 quintali), e, dicevamo, ha perso 3 conferitori. «La raccolta del latte - spiega il presidente Ennio Bonomi, valsabbino di Pertica Bassa - è interamente a nostro carico: un automezzo va da Serle a Capovalle passando per Soprazocco, Casto, Mura, Pertica Bassa, Degagna, Agnosine, Bione e Preseglie. E i costi di trasporto finiscono per incidere profondamente».
Ma le difficoltà non sono tanto per il caseificio: «Abbiamo registrato un anno discreto per le vendite, e il futuro evidenzia piccoli segnali di ripresa. Possiamo offrire la "certificazione volontaria" di prodotto e di filiera a tutela e garanzia del consumatore, e dal 2004 al 2006 abbiamo investito 250 mila euro per sala riunioni, uffici e due cantine: una per la stagionatura delle formagelle (per 12 mila forme di "Monte" e "Valsabbia") e l’altra per i nostrani (circa 10 mila forme di "Conca" e "Sabbio")».

Nel 2006 sono state prodotte circa 100 mila formagelle (le più richieste) e 6.500 formaggi; il tutto venduto sui mercati di Serle, Salò, Gavardo e Vobarno, oltre che nel punto vendita di Sabbio. «Vendiamo al minuto circa il 35% del prodotto, mentre il resto viene ceduto a grossisti e a supermercati di Bergamo e Brescia. In tutto, con 12 dipendenti distribuiti tra spaccio, raccolta latte, mercati, ufficio e lavorazione del latte), quest’anno abbiamo raggiunto un fatturato di un milione e 800 mila euro, offrendo un prodotto di qualità apprezzato dal mercato».
Le difficoltà, insomma, sono essenzialmente degli allevatori: «I costi aumentano, i ricavi no, e l’agricoltura in montagna fa fatica a sopravvivere. Se non ci fosse il Caseificio, molte stalle sarebbero già chiuse. I costi di gestione raggiungono un inaccettabile 40% della resa lorda, e non è certo così che si tutela l’agricoltura di montagna».

Massimo Pasinetti da Bresciaoggi
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