Prevallese vittima della mafia. Nel 1895
Oggi l’Italia ricorda le vittime della mafia. In una manifestazione nazionale oggi sarŕ ricordato anche il carabiniere Pietri Chiodi, di Prevalle, ucciso dalla mafia nel 1895 a Palermo.

Oggi l’Italia ricorda le vittime della mafia. Molte migliaia dalla fine dell’Ottocento ai nostri giorni. Negli ultimi dieci anni, oltre duemilacinquecento, secondo il censimento di «Libera» (Associazione contro le mafie). La cerimonia della «XII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie» è in programma a Polistena, nella piana di Gioia Tauro, ed è emblematicamente affidata ai giovani di «Libera» e agli ospiti della Comunità di don Luigi Ciotti.

Verranno ricordate personalità illustri, ma anche gente comune: politici, magistrati, sindacalisti, pubblici amministratori, contadini, imprenditori, giornalisti, carabinieri, poliziotti, commercianti. Anche Brescia ha dato il suo tributo di sangue nella lotta a Cosa nostra. Nel gennaio del 1982 a Palermo sicari rimasti sconosciuti assassinarono l’ing. Piero Pisa a capo di una importante impresa di costruzioni. Ucciso «Dalla mafia? Dalla mafiosità? Il caso, in attesa di nuove rivelazioni, archiviato. Gli investigatori, da Cassarà a Falcone, sono morti», commenta oggi la figlia Maria Luisa in un messaggio di solidarietà inviato lo scorso febbraio ai giovani calabresi organizzatori della manifestazione «Mafie, consenso negato».
Ricordiamo poi il giovane industriale Alessandro Rovetta, assassinato nel 1990 a Catania. Amministrava l’«Acciaieria Megara». Si era energicamente rifiutato di scendere a patti con la criminalità organizzata che «sotto l’egida di Bernardo Provenzano (Commissione parlamentare d’inchiesta della XIV Legislatura)» voleva mettere le mani sulla sua azienda. Pagò con la vita.

Ma il primo caduto bresciano fu, nel 1895, un giovane di Prevalle, brigadiere dei Regi Carabinieri assassinato a sangue freddo nel Trapanese. Pietro Chiodi il suo nome. «Aveva la fresca età di 29 anni» quando entrato per un controllo in una osteria di Salaparuta intimò di consegnare le armi ad un manipolo di nove malavitosi. Ricevette però un astioso e arrogante rifiuto.
Anzi fu l’occasione per esibire la spavalderia mafiosa tipica della criminalità avvezza ad essere impunita. I mafiosi gettarono un cappello per terra intimandogli di non oltrepassare quella soglia se non voleva rischiare la vita. Il carabiniere non intese il ricatto. Non poteva che agire secondo coscienza. Superò quel labile confine. Fu freddato a colpi di fucile.
Il sacrificio del brigadiere bresciano è ricordato nel monumento ai caduti di Prevalle con questo succinto epitaffio: «Pietro Chiodi brigadiere RR. CC. morto il 24-6.1895 in seguito alle ferite riportate in un conflitto con malfattori avvenuto a Salaparuta (Trapani)». Alcune tracce di quel tragico avvenimento emergono dagli archivi dell’allora Comune di Goglione, oggi Prevalle.

Qui è ad esempio custodita la testimonianza di un anziano parroco «che da piccolo aveva sentito la storia di quel carabiniere calato in una realtà teatro di radicata sottomissione ai poteri della mafia e del brigantaggio mafioso. Molti avevano visto nel nuovo tutore dell’ordine una presenza orgogliosa e poco incline a soggiacere alla criminalità diffusa, forse anche in virtù di un carattere forte e baldanzoso. Ed è ben vero che la fotografia che oggi possiamo ancora vedere sulla lapide ci mostra un giovane fiero nella lucida divisa e con sguardo fisso da uomo coraggioso e valente. I baffi conferiscono autorità e suggeriscono un’aurea di persona indomita, eroica per indole».
Tra i vecchi registri delle delibere del Comune si conserva ancora il verbale che precisa gli intendimenti degli amministratori i quali nell’agosto del 1895 avevano richiesto ed ottenuto dai famigliari di Pietro Chiodi di poter conservare nella Sala del Consiglio, cioè in luogo pubblico e anzi nel luogo di più alta valenza istituzionale civile per il paese, la medaglia d’argento e il diploma conferiti dal Re per il coraggioso sacrificio.

Oggi, dunque, nella bella Piana di Gioia Tauro si celebra la memoria della vittime di Cosa nostra, ma anche di ’ndrangheta e camorra. Lì verranno idealmente ricordati uomini e donne che hanno pagato con la vita il loro fermo rifiuto alle mafie. Tra questi il brigadiere bresciano Pietro Chiodi, uno dei molti servitori dello Stato che non hanno esitato di fronte al pericolo in difesa della collettività. E naturalmente anche Piero Pisa e Alessandro Rovetta, caduti per un’Italia migliore.

s. c. dal Giornale di Brescia
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