Arrivederci maestro
di Ubaldo Vallini

Fino a quando la malattia non l'ha colto del tutto, pochi mesi fa, Angio non ha mai smesso di utilizzare immagini per raccontare e per raccontarsi.

 
Ciak si gira.
Primo piano. Angio Zane guarda oltre la montatura degli occhiali e dice: “Non metterla giù poi tanto dura, dì a tutti che sono vissuto come mi andava di fare e che finalmente sono andato al Creatore. Fine della storia”.
Stacco sul lago, da Campoverde con un ulivo in primo piano. Poi la scena torna sulla figura intera di Angio che si gira di profilo e guarda lontano, punta i piedi e ha un moto di stizza. Ancora primo piano: “Porca la miseria, proprio adesso che veniva il bello”.
 
Ho conosciuto Angio Zane quando i suoi settant’anni erano già scoccati da un bel pezzo. Mi hanno colpito la sua grande voglia di vivere, l’apertura mentale, la travolgente curiosità. Mi ha insegnato a non mollare mai.
Nel campo del video e delle arti visive era il tempo del montaggio digitale e più in particolare del passaggio dal Vhs al Dvd.
 
Per lui si trattava di affrontare l’ultima delle sue tante giovinezze, trascorse tutte quante, credo, nel raccontare agli altri la sua visione del mondo.
Lucido nelle sue determinazioni, si era messo in testa di piegare al suo volere anche la più moderna tecnologia. In questo inedito rapporto col computer gli serviva un mediatore ed ha trovato me.
Lui ci ha messo genio e testardaggine, precisione e puntiglio, a volte scatti d’ira. Io la mano ferma, una buona esperienza coi programmi del Pc e tanta pazienza.
 
Angio sapeva che prima o poi gli sarebbe toccato di “andare avanti”, ma conservava quel vizio di affrontare il destino allo stesso modo di quand’era sulle montagne valsabbine, con Giacomo Perlasca, a fare il ribelle per amore.
Arrivederci, maestro.
 
 
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