Che pagella signor Ministro
Quando il carico si sposta non sempre il camionista riesce a capire dove va a finire. Sembra che stia succedendo la stessa cosa quando il carico è... fiscale.

 
Il ministro per i beni e le attività culturali, l'onorevole Sandro Bondi, nella puntata di Porta a Porta del 11.1.2010, ha sostenuto che la riforma fiscale proposta dal governo, tesa a spostare il carico fiscale dalle imposte dirette a quelle indirette, dai redditi ai consumi, è una misura di equità sociale, perché "significa imporre maggiori tasse sulle classi sociali più elevate, più ricche, che consumano di più".
 
Ma ministro, avrebbe replicato qualunque prof delle medie, ciò significa confondere una variazione assoluta con una relativa, è un errore da quattro in pagella! I ricchi possono ben consumare di più dei poveri, ma se si sposta il carico fiscale da un'imposta progressiva ad una proporzionale la cui aliquota media è inferiore a quella che ora pagano i ricchi, l'effetto è regressivo, non progressivo.
 
E' per l'appunto il caso nostro, visto che l'aliquota più elevata Irpef è al 43 per cento (dopo i 75.000 euro di imponibile) mentre l'aliquota dell'Iva è al massimo e per la maggior parte dei beni al 20 per cento.
Non solo, ma se i ricchi risparmiano più dei poveri, i risparmi non sono tassati o sono tassati meno dei consumi (di nuovo il caso nostro) allora un'imposta su consumi ad aliquota uniforme è per forza regressiva.
 
Esempio
Prendiamo un tizio A che guadagna 1000 euro al mese; verosimilmente spenderà tutto il suo reddito, e se l'aliquota media sui consumi è al 20 per cento, pagherà dunque 200 euro al mese di imposte.
Prendiamone ora un altro B che ne guadagna 5000, e supponiamo che ne spenda 4000 e ne risparmi 1000. Questo pagherà dunque di imposte 800 euro al mese.
Ma se i risparmi non sono tassati, l'aliquota media sul reddito del primo è del 20 per cento mentre quella del secondo è del 16 per cento; l'imposta è regressiva, l'aliquota media decresce al crescere del reddito.
 
Certo, questo non è necessario, dipende anche da cosa consumano ricchi e poveri e da come sono tassati i diversi panieri di consumo.
Per dire, se i 1000 euro di A vanno tutti in beni alimentari, mentre i 4000 di B vanno per 1500 in beni alimentari e per 2500 in beni di lusso, potremmo ottenere un'imposta progressiva tassando, per esempio, al 6 per cento i beni alimentari e al 34 per cento i beni di lusso; il gettito per lo stato sarebbe lo stesso che con un'aliquota uniforme del 20 per cento, ma il povero avrebbe un'aliquota media sul reddito del 6 per cento e il ricco del 19 per cento.
 
Occorre però ricordare che l'Iva ha dei vincoli comunitari: vi è un'aliquota normale (in Italia il 20 per cento), una o due aliquote ridotte (in Italia 4 per cento e 10 per cento) su un paniere definito e non modificabile di beni primari, non vi sono aliquote maggiorate sui beni di lusso.
Dunque, tralasciando altre considerazioni, inclusi i problemi di evasione e incentivo, un passaggio dall'Irpef all'Iva per forza ridurrebbe la progressività del sistema tributario.
 
di Massimo Bordignon e Silvia Giannini da lavoce.info
 
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