Caccia: pene più severe per i bracconieri
Troppo spesso la caccia diventa l'alibi per comportamenti che mettono a repentaglio la sicurezza delle persone.

 
Egregio direttore,
chiediamo gentilmente spazio sul Vostro giornale per esprimere la nostra più sentita solidarietà e stima nei confronti della signora che ha denunciato i tre cacciatori di Polpenazze che, incuranti dell’uso pericoloso del proprio fucile, hanno sparato all’interno di un giardino pubblico frequentato da bambini nelle vicinanze delle scuole.
Episodi come questo non sono purtroppo dei casi isolati ma accadono molto spesso.
E’ però meno frequente che le persone le segnalino alle autorità competenti, in quanto si sentono ulteriormente minacciate da chi imbraccia un’arma.
 
E’ un fatto meno conosciuto ma normalmente in primavera, al rilascio della selvaggina e nel mese antecedente l’inizio della stagione venatoria, iniziano gli episodi violenti e crudeli nei confronti degli animali selvatici e domestici tramite lo spargimento di bocconi avvelenati o l’uso del fucile per eliminare qualsiasi animale (generalmente predatori, ma spesso anche animali domestici quali cani e gatti) possa rappresentare un 'concorrente' dell’attività venatoria.
Secondo una recente pubblicazione dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia, i casi di avvelenamento nella provincia di Brescia rappresentano poco meno della metà di tutti quelli segnalati annualmente in tutto il territorio della Lombardia.
 
Questo è un dato molto preoccupante perché dimostra che il veleno è una pratica molto usuale nella nostra provincia, nonostante sia potenzialmente pericoloso anche per le persone, soprattutto per i bambini che possono incautamente venirne a contatto, nonché per la contaminazione delle falde acquifere. In ogni settore che riguarda la sicurezza pubblica, partendo da quella stradale o quella sui luoghi di lavoro, c’è stato un forte aumento delle pene e un inasprimento delle normative per cercare di contenere l’alto numero di decessi.
 
Lo stesso riteniamo dovrebbe essere fatto anche nel campo venatorio ma, nell’attesa che questo avvenga, per tutelare la popolazione bresciana che non possiede armi a scopo venatorio (cioè circa 1.200.000 abitanti), e anche per la tutela stessa dei circa 30.000 seguaci di Diana, fra i quali molti onesti, si dovrebbe lanciare una campagna di prevenzione e di controllo mirati.
Diversi cacciatori ci segnalano episodi di comportamento scorretto da parte di altri che, pur di riempire il carniere, non esitano a trasgredire non solo le leggi ma anche le regole fondamentali della sicurezza.
 
L’uso improprio delle armi da fuoco diventa spesso abuso, così da lasciare una lunga scia di morte non solo fra gli animali, spesso domestici, ma anche fra le persone, con bollettini significativi ogni anno che raggiungono in tutta Italia circa sessanta morti e novanta feriti.
E’ significativo l’episodio che ha aperto la stagione venatoria dove due cacciatori si sono affrontati a colpi di fucile per aggiudicarsi una lepre: uno dei due è morto.
Ma vorrei anche ricordare gli spiacevoli episodi con intimidazioni ai proprietari della cascina Quarone Alto, da tempo bersaglio di inquietanti raid vandalici - si presume da parte di cacciatori senza scrupoli - che sono arrivati ad incendiare il fienile e uccidere una delle mucche dell’allevamento che è stata trovata, decapitata, ai margini del bosco.
 
Tutti questi dati dovrebbero fare riflettere sulla pericolosità pubblica che l’uso delle armi, soprattutto a scopo venatorio, rappresenta nella nostra società. Pertanto abbiamo inviato una richiesta esplicita alle autorità competenti perché prendano i dovuti provvedimenti per far sì che a questi cacciatori venga tolto il porto d’armi, in quanto minaccia pubblica, e siano perseguiti per i reati commessi perché riteniamo che si debba e si possa fare di più per arginare questi gravissimi comportamenti.
Abbiamo chiesto inoltre all’assessorato provinciale alla Caccia di prendere realmente posizione nei confronti di tutti questi cacciatori oltremodo scorretti, con provvedimenti seri e concreti che contrastino in particolar modo il bracconaggio, vera piaga della nostra provincia, ma anche tutti gli individui che, come in questo caso, dimostrino di non rispettare le normative sulla caccia.
Questo non solo per la tutela e la protezione della fauna già fortemente sotto pressione a causa dell’attività venatoria, ma anche per sostenere tutti quei cacciatori che rispettano le normative e che si trovano spesso truffati da altre persone che agiscono al di fuori della legge.
 
Per ottenere questo risultato devono essere fatti controlli seri e sistematici sui cacciatori tramite le guardie venatorie della polizia provinciale e delle associazioni. Un esempio significativo è dato dai controlli fatti dal nucleo antibracconaggio della guardia forestale (il NOA) che, in poco meno di quattordici giorni, quest’anno ha denunciato quaranta bracconieri fra cui diverse persone già note per questa 'attività'.
Se paragonati con i dati dell’attività effettuata dalla polizia provinciale in poco meno di un anno e divulgati con soddisfazione dall’assessore, capiamo che le potenzialità d’intervento sono ben più ampie... visto che sono stati effettuati cinquantasei accertamenti di origine penale ed elevate centocinquantacinque contestazioni amministrative.
 
Invitiamo infine i cittadini a denunciare sempre alle forze dell’ordine nonché agli enti competenti tutti gli episodi di violenza contro gli animali, di violazione delle leggi che regolano l’attività venatoria e in generale di uso pericoloso delle armi da caccia.
Auspichiamo altresì che le istituzioni si mobilitano per contrastare e sradicare in modo efficace questi comportamenti fonte di vera pericolosità sociale.
 
Giorgio Garzetti
Consigliere ENPA ONLUS - Sezione di Brescia
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