Fiamme dolose
di Ubaldo Vallini

E' certo il dolo negli incendi avvenuto a Vestone la scorsa notte. Non č ancora chiaro, perň, se i due episodi siano collegati fra loro. Indagano i carabinieri.

 
Notte di fuoco a Vestone, quella fra mercoledì e giovedì.
Poco dopo l’una un incendio all’incrocio fra Uscere e via Tesolo, a Nozza, distrugge due automobili. Dopo tre quarti d’ora le fiamme invadono anche la sartoria che apre sulla 237 del Caffaro alla “Brina”, fra Nozza ed il capoluogo.
Autocombustione no di sicuro.
L’opzione è fra il vandalismo e l’intimidazione. Ma soprattutto: i due eventi sono collegati?
Saranno i carabinieri di Vestone e di Salò, che si sono messi all’opera con gran dispendio di energie, a fare luce sull’intera vicenda.
 
Prima le auto
Ad andare a fuoco per prima a ridosso delle case di Nozza è stata l’Audi A4 di Mustafà: “E’ passato un amico per caso e mi ha chiamato subito, dicendo di aver visto le fiamme sotto al motore – ci dice lui -. Quando sono sceso però non c’era più nulla da fare”.
Un metro davanti al muso dell’Audi era parcheggiata la vecchia Panda di Elena: “Abbiamo sentito il crepitio delle fiamme e le voci. Mio marito è corso in strada e voleva addirittura provare a spostarla la mia Pandina – ci racconta la donna -. I vetri dell’altra auto che scoppiavano e le fiamme che stavano ormai lambendo il serbatoio della benzina l’hanno però fatto desistere, e per fortuna”.
 
Autocombustione? “Era un diesel fermo da almeno quattro ore, certo che no” è stata la risposta.
Sul posto sono intervenuti in pochi minuti i pompieri vestonesi: tardi per salvare le due auto, in tempo per evitare che le fiamme potessero creare altri danni.
Su questa prima vicenda ha gettato un’ombra in più il fatto che un chilometro più in là, proprio mentre i Vigili del fuoco avevano ormai avuto ragione del rogo e sul posto c’erano anche i carabinieri, qualcuno ha deciso di dare alle fiamme una sartoria.
 
Poi la sartoria
Con modalità inquietanti: un buco nella vetrina per rovesciare della benzina all’interno ed un rivolo di una ventina di metri a mò di miccia.
“Abbiamo sentito dei rumori e ci siamo affacciati al balcone giusto in tempo per vedere la striscia di fiamme e udire il botto che ha mandato in frantumi la vetrina, mentre due uomini col casco salivano su uno scooter e si davano alla fuga” ci ha detto Emiliano Bacchetti, intervenuto per primo insieme al padre Lodovico, proprietario del vicino mobilificio e anche dello stabile che da una quindicina d’anni ospita la sartoria andata a fuoco.
 
Dopo aver recuperato alcuni estintori nel mobilificio, è stato Emiliano ad avere ragione delle fiamme, lasciando ai Vigili del Fuoco vestonesi, che nel frattempo erano stati “rinforzati” dai colleghi di Salò, l’incombenza della bonifica: “Le ho spente quattro volte quelle fiamme ed ogni volta riprendevano con vigore” ci ha detto indicando la fila di estintori vuoti.
I danni sono stati ingenti e certo poteva andare peggio. “Si è salvata la parte del laboratorio, con i sofisticati macchinari. Ad andare in fumo soprattutto una gran quantità di vestiti già confezionati e pronti per la spedizione” ci ha detto Anita, la sarta, che giura di non aver mai ricevuto intimidazioni.
 
Una coincidenza?
Certo appare strano il sicronismo fra i due episodi, anche se non sembrano esserci collegamenti diretti fra le persone coinvolte dall’una e dall’altra parte.
Ipotizzando il legame e di primo acchito si poterebbe pensare che il primo incendio è stato appiccato per ritardare l’intervento sul secondo.
Ripensandoci potrebbe invece essere proprio il contrario, cioè che ci sia stata la volontà criminale di rendere i pompieri già operativi ed evitare così alla sartoria danni troppo elevati.
Per fare completa luce, i carabinieri ieri hanno acquisito anche le immagini registrate in zona dalle telecamere a circuito chiuso.
 

 

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