La siderurgia bresciana in crisi gioca in difesa
La crisi del settore si fa sentire anche in questo storico comparto industriale della Valle Sabbia, con ricorso alla cassa integrazione e contratti di solidarietà

Aumenta il ricorso alla cassa integrazione straordinaria nella siderurgia bresciana. L’ultima notizia viene dalla Stefana spa, il grande gruppo siderurgico di Nave, Montirone e Ospitaletto, che ha deciso il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per 500 dei 744 dipendenti.
Un segnale non incoraggiante, anche per il fatto di provenire da un’azienda siderurgica competitiva, che ha da poco completato un importante piano di investimenti nelle tre sedi operative del gruppo (in particolare il nuovo laminatoio per tondo da cemento armato costato 60 milioni di euro).

Mercato crollato del 35-40%

La «old economy» (la vecchia economia, ovvero la ricchezza senza valore, per distinguerla dalla «new economy», la nuova economia, ossia il valore senza ricchezza) è in affanno. Mentre le fonderie e pressofonderie (nel Bresciano sono quasi 300, in assoluto la più alta concentrazione nazionale) stanno preparando il convegno nazionale convocato la mattina di giovedì 22 ottobre all’hotel President di Roncadelle, per chiedere la rottamazione delle presse «vetuste» (leggi obsolete), la sidermetallurgia continua a segnare il passo. La siderurgia in particolare, dopo l’apparente quanto transitoria fiammata dell’estate scorsa, registra ancora una flessione del consumo reale del 35%-40%.
L’unica nota positiva è che, finito il processo di destoccaggio dei distributori in atto fino al mese scorso, il ripristino delle scorte fisiologiche possa consentire alle aziende l’attesa boccata di ossigeno per tirare avanti fino al prossimo avvio delle opere infrastrutturali.

Cigs o solidarietà?
Il caso della Stefana spa non è isolato.
Anche la Ori Martin ha chiesto e ottenuto, ma non utilizzato, la cig straordinaria per 200 dipendenti.
Una misura prudenziale e cautelativa, una opportunità o meglio una «opzione di riserva», come spiega Elena Magri, consigliere delegato insieme a Franco Polotti, cui si potrebbe ricorrere se le cose dovessero peggiorare. Ciò perchè il contratto di solidarietà, misura alternativa alla cig straordinaria, è di difficile gestione anche in un contesto di positive relazioni sindacali come quello della storica azienda di San Bartolomeo.
Chi sta ancora valutando la scelta tra cassa integrazione straordinaria e contratti di solidarietà sono la Duferdofin di San Zeno, azienda di travi per l’edilizia guidata da Antonio Gozzi che fa parte della multinazionale italiana Duferco, e la Iro di Odolo, impresa guidata da Carlo Leali che produce tondo per cemento armato.
Sempre a Odolo, il gruppo che fa capo a Dario Leali (secondo laminatoio a Roè Volciano e forno in Valsugana) è in cig ordinaria.

Si gioca in difesa
Chi invece ha fatto ricorso con buoni risultati ai contratti di solidarietà sono tre grandi aziende siderurgiche locali, tutte tre specializzate nella produzione di tondo per cemento armato.
Si tratta della Feralpi, dell’Alfa Acciai - che hanno chiesto e ottenuto la solidarietà per 12 mesi - e della Ferriera Valsabbia di Odolo. «La cassa straordinaria, per sua natura, è un evento tale da cambiare la struttura dell’azienda - dice Antonio Scotuzzi, capo delle risorse umane del gruppo Feralpi - mentre la solidarietà parte da un concetto in base al quale chi ha organici non in eccesso ne chiede l’applicazione per superare la fase di congiuntura critica». La cassa straordinaria, in buona sostanza, è un tentativo di risposta all’esubero di personale, mentre il contratto di solidarietà è un sacrificio a tre (dell’azienda, del personale, dell’Inps) per bypassare la crisi. «Crisi che, si spera, possa presto finire - conclude Elena Magri - poichè non è possibile che, con le risorse che abbiamo a Brescia e in Italia, non siamo in grado di superarla».

Alessandro Cheula dal Giornale di Brescia

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