Occhio alla strada
di Ubaldo Vallini

Ci sono anche le condizioni strutturali e la mancanza di manutenzione fra le cause degli incidenti stadali, che in Valle Sabbia alimentano una serie di piccoli drammi collaterali

Lo stato del fondo stradale, la geometria delle curve, gli ostacoli improvvisi e gli impedimenti di visuale, sono solo concause. Lo sappiamo tutti quanti che, salvo rari casi, ad essere determinante in in caso di incidente stradale è il comportamento umano.
Nessun alibi dunque da questo punto di vista.
Però è anche vero che gli incidenti che coinvolgono i veicoli e causano guai seri a guidatori e passeggeri avvengono per lo più nelle stesse zone, nelle stesse curve o incroci che non per nulla vengono definiti nel linguaggio comune “pericolosi”.
 
Ed è sufficiente andare indietro con la memoria, oppure consultare un archivio, per rendersi conto che in Valle Sabbia di queste trappole ce n’è parecchie: asfalti che sembrano spalmati di sapone quando cadono quattro gocce, curve di raggio variabile che “stringono” quando meno te l’aspetti, tornanti e rondò che sembrano fatti apposta per far ribaltare camion, immissioni di strade private sulle Provinciali in punti dove sarebbe meglio non ci fossero e via dicendo.
 
Guai strutturali e manutenzione
Questi i guai “strutturali” della viabilità valsabbina, ma ci sono anche quelli legati alla mancanza di adeguata manutenzione. Che dire, tanto per cominciare, della voragine che si è creata su quel ponticello che c’è poche centinaia di metri dopo il Campras, in Gaver? Questa estate, nonostante fosse transennato e segnalato, c’è finito dentro tutto intero un ciclista e la buca sta ancora lì.
 
E le curve fra la zona della Rocca d’Anfo e Sant’Antonio? Salendo ce n’è una che gira lunga lunga a destra, chiamata “dei rusì”: inizia con la pendenza parabolica “a favore” per poi stringere improvvisamente e con altrettanta rapidità invertire l’inclinazione.
Certo che andando adagio la fai senza problemi, ma è sufficiente un attimo di distrazione o il fondo umido per finire dall’altra parte, lo testimoniano decine di incidenti, alcuni dei quali piuttosto gravi, l'ultimo proprio nel tardo pomeriggio di ieri, per fortuna questo senza feriti gravi.
 
Come quelli che avvengono poco più su, prima della storica locanda, dove l'ultimo grave episodio ha portato all'amputazione di una gamba per un motociclista.
Ce n’è a decine di punti rischiosi come e peggio di quelli: il rettilineo dei Tre Capitelli che è un “centro abitato” buio e senza marciapiedi; quello di Vestone a “Gargnà” con la sua serie di accessi alle aziende; le curve troppo spesso “mortali” in prossimità della “Grotta” di Idro.
E quei sassi che di tanto in tanto rotolano sull’asfalto dal muretto che sostiene i prati poco sotto il cimitero di Lavenone? Quando te ne trovi uno in curva e allarghi per evitarlo devi sperare che dall’altra parte non salga nessuno.
 
Questione di scelte
Chissà se qualcuno ha mai fatto un censimento per tentare di capire dove e come conviene spendere soldi “per la sicurezza”, come va di moda dire e magari non fare di questi tempi.
Trovare rimedio però è oltremodo urgente, anche perché ad ogni incidente in Valle Sabbia seguono piccoli drammi “collaterali” dovuti al traffico che si blocca per ore: merci che non arrivano, appuntamenti che saltano, autobus in ritardo.
 
L’altroieri, a causa di un incidente fra Casa d’Odolo e il bivio per Bincago, l’autobus della linea Brescia-Bione è arrivato nel piccolo centro della Conca d’Oro con un ora e mezza di ritardo: invece che alle 13 e 15 alle 14 e 45.
Peccato che avrebbe dovuto far salire ad Agnosine una cinquantina di ragazzini delle medie di San Faustino e della Pieve, che hanno atteso invano. Fino a quando i genitori non se ne sono accorti e si sono organizzati per il trasporto in auto.
Ma dalla scuola non li ha avvisati nessuno? Direte voi.
No, perché il pullman era fermo in un punto dove non il telefono cellulare non funziona e nessuno ha potuto fare niente per avvisare in tempo del problema.
Vivere in Valle Sabbia significa anche questo.
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