«Oltre l'immagine» con Claudio Filippini
La Galleria Punto Arte di Paolo Perotti in via Bettinzoli 8 a Vestone, dal 2 al 17 dicembre, espone le opere di Claudio Filippini. Apertura dal mercoledì a domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.

La Galleria Punto Arte di Paolo Perotti in via Bettinzoli 8 a Vestone, dal 2 al 17 dicembre, espone le opere di Claudio Filippini. Apertura dal mercoledì a domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.

Dell'opera di Filippini riportiamo la critica della professoressa Marta Mai

«Le opere, che guardiamo, non sono prodotte da un abile fotografo - anche se questa è la prima impressione, che ne riportiamo, allorquando lan- ciamo una frettolosa occhiata alle immagini, che si presentano con i contorni ben definiti e con i colori meticolosamente stesi - ma sono il risultato del raffinato lavoro del pittore Claudio Filippini.
L’artista, con cura certosina, totale padronanza del disegno e delle composizioni dei colori, accarezza e leviga le sue creazioni, passandole e ripassandole, sino a raggiungere il risultato, che lo gratifica e che, perfetto, richiama tutto il nostro essere a concentrarsi sulle immagini.

E allora l’artista ci appare sostenuto, in questo suo procedere, da un ritmo musicale dolce e regolare, che gli suona dentro - Dante direbbe che ... gli detta dentro ... - ed immaginiamo la sua mano procedere lieve e sentiamo il suo cuore sereno.

Sì! Perché Claudio Filippini vive bene il suo tempo negli ambienti, che l’uomo a lui contemporaneo ha modificato, per essere al passo con le conquiste tecnologiche, e con le costruzioni, che ha recuperato, per salvare la memoria recente di un mondo industriale, che si è sovrapposto a quello agricolo-contadino.

In lui non c’è nessuna rivisitazione nostalgica di ciò che è lontano nel tempo.
Non sogna scene arcadiche e non trasfigura la realtà. E’ concreto e benevolo nei confronti del suo tempo, di cui vede il lato positivo dovuto al progresso.

Se si sofferma su scene metropolitane, ignora le brutture, che la quotidianità distribuisce a profusione, non indugia sui degradi, ma mira ad evidenziare l’essenzialità del luogo, che, preso in considerazione a seconda della funzione del suo esìstere, racconta la quotidianità del vivere dell’uomo del XXI secolo.
Sfronda il superfluo, non affolla le scene, che possono essere più o meno animate, ma mai forzate.
Sosta con rispetto sui segni lasciati dal tempo, che rac- contano il passato in equilibrio con il presente.

Sentiamo le opere di Claudio Filippini buone, e non solo per la maestria con cui sono eseguite, ma per il paragone che, spontaneamente, ci attraversa la mente.
Le avviciniamo alla corrente letteraria dell’Ottocento nota come Verismo, che in opposizione al Naturalismo francese, non guarda il bacato o il depravato, ma, nel pur preciso racconto della realtà, considera solo l’aspetto sano.

Ed allora, del tutto aderenti al discorso dell’artista, con il quale entriamo in sintonia, ci piace riflettere sui soggetti da lui scelti e rivisitati.
Ci sono tante stazioni ferroviarie e ci sono tanti tratti di strade asfaltate, ma anche stradine di paese a ciottoli o lastricate.
Leggiamo nel suo indulgere su queste tematiche un messaggio implicito: “ La vita è un viaggio. Ogni giorno ne inizia uno nuovo e così, giorno dopo giorno, ciascuno di noi avanza e - per dirla con Ungaretti - ... la morte si sconta vivendo ... cioè, inevitabilmente, ci avviciniamo alla tappa finale“.
Questa certezza però, non disturba l’artista, che non comunica malinconia.

E non ci tragga in inganno l’uso abbondante, che l’artista fa, del colore grigio. Qui il grigio non è triste: qui traluce e ci magnetizza. Il grigio esce dai pennelli come cipria profumata. Ha la delicatezza del petalo del fiore di pesco appena appena offuscato da una nuvoletta ovattata.

I paesaggi grigi, che richiamano l’inverno, nulla hanno delle inquiete tenebre di foscoliana memoria, ma diffondono, nella pacatezza velata dei toni, una armoniosa intimità, che addolcisce i cuori e smorza acerbe passioni.
Quando poi l’artista irrompe con toni accesi o rischiara con bagliori di luce, sembra dichiarare con più incisività il suo amore per la vita: la pittura, in un crescendo, declina i sentimenti e diventa lirica.
Se tentiamo allora di approfondire la lettura delle immagini , quali esse siano, la vita non è più solo una corsa verso la tappa finale, ma è una conquista di mete perseguite con costante perseveranza.
Giorno dopo giorno se ne raggiunge una, per poi tendere all’altra. II domani è sempre misterioso, ma nell’uomo c’è l’ansia della scoperta.

A questa pacata, ma costante tensione verso il domani, si contrappone la costruzione, che l’artista fa dell’oggi: nelle sue opere, oggi, nulla tralascia e tutto compie, perché il domani viene, per importanza, dopo l’oggi.
Oggi l’uomo opera per la sua crescita, domani avrà un punto di partenza più alto. In questa dimensione sta la statura artistica del pittore, che non coglie l’attimo fuggente ma l’essenza, che travalica il tempo ed eterna, in una armoniosa simbiosi, il soggetto creato ed il suo artefice, entrambi proiettati in un futuro di crescita».
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