Il colubro maledetto
di Ubaldo Vallini

Come un serpente che si insinua nelle viscere della terra il sisma dal Garda si è infilato lungo l’asse del Chiese. Ha colpito duramente a Roè e a Pompegnino di Vobarno. Si è inabissato per risalire e scuotere con veemenza Clibbio...

Come un serpente che si insinua nelle viscere della terra il sisma dal Garda si è infilato lungo l’asse del Chiese.
Ha colpito duramente a Roè e a Pompegnino di Vobarno.
Si è inabissato per risalire e scuotere con veemenza Clibbio, poi Pavone e Sabbio.
Ha deviato un momento verso la Conca d’Oro, giusto il tempo per azzannare la frazione Gazzane di Preseglie.
Poi è risalito ancora, ormai con meno forza, arrivando a lesionare la parrocchiale di Barghe.
Una fugace visita a Vestone dove ha segnato gli stucchi della Parrocchiale della Visitazione, lesionato l’antica San Lorenzo a Promo ed un’abitazione, l’unica vestonese dichiarata inagibile, in via Mattarello.
Per il resto tanta paura e pochi danni: qualche cornicione qua e là, i soprammobili caduti in centinaia di case, lesioni all’altare laterale della Concezione in Santa Maria Assunta a Mura, crepe negli edifici scolastici e nella chiesa di Capovalle, un “pizzicotto” a Treviso Bresciano.

Ha avuto il tempo di serpeggiare solo per pochi secondi, il “colubro” maledetto, sufficienti però a lasciare danni nei muri che ancora sono da sanare completamente anche se molto è stato fatto.
Quanto alla paura, i tempi per assorbirne il guasto, lo sappiamo, si calcolano a generazioni.

Già, la paura.
E’ stata soprattutto quella a dominare nella notte di due anni fa quando c’era ancora da fare la conta delle vittime (per pura fortuna risultò pari a zero).
La paura è scoccata poco dopo la mezzanotte fra il 24 ed il 25 novembre mentre da un mercoledì si passava ad un giovedì e tanti erano già a letto.
Gli svegli per lo più raccontano di un boato lontano che si avvicinava di gran carriera, sbattendo qua e là contro le montagne, fino ad arrivarti addosso tirandosi in terra gran parte dei soprammobili.

E’ una paura viscerale quella che a quel punto ti attanaglia.
Com’è che ti rinchiudi in casa per metterti al sicuro da ogni pericolo e poi invece la terra trema e ti ritrovi a rischiare di fare la fine del topo? E’ quella paura che ti fa schizzare all’aperto non appena le gambe rispondono allo stimolo, contravvenendo alle più elementari norme di comportamento che impongono, semmai, di infilarsi sotto ad un tavolo.

Paura l’ha certo provata a Gazzane di Preseglie un senegalese che in quel momento si stava facendo una doccia: è schizzato fuori senza curarsi di aprire la porta a vetri, l’ha sfondata e si è ferito, per fortuna in modo leggero.
Paura l’ha provata chi si è ritrovato a Carpeneda faccia a faccia sulla Provinciale VI con un paio di macigni alti come un camion: presenze sinistre, bianche di calcare e rosse di terriccio, che prima di adagiarsi sull’asfalto hanno avuto il tempo di precipitare per centinaia di metri dal monte Corna della Selva, attraversare il Chiese e risalire dall’altra.
La stessa montagna ha vomitato massi come quello, di una decina di metri cubi almeno, che ha sfondato la villetta a Clibbio incuneandosi nel bagno, a pochi centimenti dalla testata del letto della giovane famiglia Ghirardi.

Lì vicino i pilastri della casa di Flora Bianchi sono scoppiati alla radice: nella cameretta le figliole Roberta e Giada si sono ritrovate sepolte dai libri scaricati dagli scaffali inclinati a quarantacinque gradi, illese per fortuna, ma che paura. Nonna Adele gridava e sono salite tutte in auto per raggiungere papà che lavora alla Feralpi di Lonato.
Solo più tardi, nella notte, sono tornati indietro tutti insieme. Quella si che è stata fifa.

Storie di paura a centinaia quella notte, molte ne abbiamo raccontate.
“Basta col ricordare questi fatti. Sono passati due anni ed è ora semmai di dimeticarli” ci ha detto ieri un vecchio a Pompegnino, la vita da sfollato conclusa da pochi giorni. Che abbia ragione lui?
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