Museo: cosa bolle in pentola?
Ben pochi sanno che il Museo Civico di Gavardo, oltre al “Santa Giulia” di Brescia, è uno dei pochi della provincia ad essere riconosciuto dalla regione Lombardia come Museo Archeologico...

Facciamoci un piccolo “esame di coscienza”: quanti cittadini gavardesi, escludendo le visite scolastiche, si sono recati di recente a visitare il Museo del nostro paese?
Questa istituzione è purtroppo sottovalutata dalla maggior parte di noi.
Ecco perché abbiamo deciso di dedicarle una pagina nel nostro primo numero.

Ben pochi sanno, infatti, che il Museo Civico di Gavardo, oltre al “Santa Giulia” di Brescia, è uno dei pochi della provincia ad essere riconosciuto dalla regione Lombardia come Museo Archeologico.
Esso risponde, infatti, ai necessari requisiti riguardanti il personale, gli orari di apertura al pubblico, le iniziative di animazione oggi necessari alla accoglienza dei visitatori.

Sono ancora meno i gavardesi informati che il nostro museo fa parte della rete “Manet”, rete interprovinciale dei musei archeologici e che è in cantiere la costituzione del Sistema Museale della Valle Sabbia, una rete locale di musei disseminati in tutta la Valsabbia (si attende unicamente il via libera istituzionale).

Il braccio operativo del museo si chiama Gruppo Grotte Gavardo, una associazione di appassionati archeologi, senza la quale il museo stesso non avrebbe avuto origine, che ha esordito il 4 aprile 1954 con la scoperta dello scheletro dell’Orso Spelaeus presso il Buco del Frate nel comune di Paitone.
Il museo collabora fattivamente con la Soprintendenza in varie ricerche archeologiche sul territorio.
Si va dal sito della Corna Nibbia di Bione, operazione che prosegue da ben 7 anni (in cui si è scoperta una necropoli dell’Età del Rame simile a quella ritrovata, da altri ricercatori, presso il Monte Covolo), allo scavo presso il Lucone di Polpenazze, dove venne trovata una piroga nelle ricerche dal 1965-al ‘71 (scavi interrotti per molto tempo e ripresi da circa un anno, in collaborazione con l’università di Padova per la datazione dei reperti e con il CNR per l’indagine palinologica), fino al sito localizzato sul Monte Magno nel territorio del comune di Sabbio Chiese (iniziato 2 anni fa), dove è stato ritrovato un luogo di culto dell’Età del Ferro, riconducibile a popolazioni pre - romane.

Di primo acchito, a noi profani, inesperti del paziente lavoro dell’archeologo e del paleontologo i tempi delle “campagne” appaiono esageratamente lunghi. In realtà è necessario tener conto che ogni attività di scavo ha un suo periodo favorevole, che dura circa un mese, condizionato dalle condizioni meteorologiche e ambientali, nel quale si procede al vero e proprio recupero dei reperti.
Poi inizia la lunga fase della catalogazione, indispensabile premessa alla datazione, alle indagini scientifiche e alla collocazione nel contesto preistorico o storico.

Diciamoci la verità: chi avrebbe immaginato che l’Istituzione museale di Gavardo avesse un’attività così intensa? Il nostro invito non può essere che di farci una capatina, magari andando a comprare il pane o recandoci al mercato il mercoledì mattina…
Quante volte, dopotutto, passiamo proprio davanti a quel cancello limitandoci, magari, a guardare distrattamente quell’inquietante scheletro d’orso attraverso i vetri dell’ingresso!

Clara Simoni
con la collaborazione di Alberto Zanetti
da Il Gattopardo
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