Economia ferma a Casto, il futuro fa paura
Lo specchio della situazione di Casto, centro valsabbino che in passato era all’apice della produttività nazionale assieme a Odolo, lo sta dando la raccolta da parte del Comune degli oneri di urbanizzazione, sempre più scarsa...

A Casto l’economia si è fermata, ed è quindi il paese stesso a richiare il declino. Lo specchio della situazione di Casto, centro valsabbino che in passato era all’apice della produttività nazionale assieme a Odolo, lo sta dando la raccolta da parte del Comune degli oneri di urbanizzazione, sempre più scarsa.

«Se negli anni scorsi - spiega il vicensidaco di Casto Francesco Franzoni, che è anche dirigente d’azienda - Casto si è raccolta una media tra gli 80 ed i 100.000 euro l’anno, nel 2006, sull’onda di una situazione economica in crisi, si era fatta una previsione d’entrata al minimo, per 40.000 euro».

Ma in realtà, oggi si sta verificando un vero e proprio tonfo: «A fine settembre la raccolta è arrivata a soli 8.000 euro, al disotto di qualsiasi ragionevole previsione. E non si vede alcun raggio di sole oltre le nubi».
La crisi, in realtà, è iniziata già un paio di anni fa, interessando in particolare le aziende del settore casalinghi, le maniglierie e le rubinetterie: «Il tessuto produttivo castense è soprattutto fatto di piccole e piccolissime aziende che, per uscire dalla crisi, dovrebbero investire in macchinari; ma proprio per le loro ridotte dimensioni, non hanno la forza per farlo - commenta ancora il vicesindaco-manager -. L’artigiano con meno di 5 operai non ha così possibilità di sviluppo, anzi. Quindi, di fatto, il paese si è fermato».

Gli effetti della stagnazione si ripercuotono anche sull’ente pubblico.
La mancata entrata degli oneri di urbanizzazione toglie al Comune la possibilità di investire, ma secondo Franzoni non è questo il vero problema: «Quel che davvero conta è che questo è un forte segnale di preoccupazione per il futuro. Un tempo crescita e sviluppo a Casto erano soprattutto dati dall’enorme capitale umano di cui l’azienda disponeva, con anche i titolari a lavorare giorno e notte. Oggi, col predominio delle macchine, questa ricchezza ha perso di peso, e la globalizzazione, col costo della manodopera che incide ormai troppo, ha messo in crisi il sistema castense e quello valsabbino, evidenziando il grosso rischio dell’impoverimento».

Le uniche aziende che oggi crescono, a Casto, sono quelle che in anni passati hanno fatto il salto, rinnovandosi nella tecnologia: «Per le altre, il tonfo degli oneri è segnale di una ridotta fiducia e della mancanza di voglia di fare».

Che fare, per non rimanere fermi ad osservare la crisi che cresce? «Va ridotta l’incidenza del costo del lavoro, bisogna trovare il coraggio di investire per riemergere, e va alzata la bassa scolarizzazione del paese (fenomeno deleterio, che fa sì che i quadri dirigenziali non abbiano il coraggio di rischiare).
Il Comune, nel suo piccolo, può contribuire con borse di studio, con incontri qualificati, con lo spingere alla formazione dei giovani e degli adulti, oggi davvero scarsa.
Prima la forza delle braccia era fondamentale. Oggi, non basta più».

Va quindi studiata una strategia che salvi l’economia castense, ma anche quella di tutta la Vallesabbia, assai simile per generi produttivi: «Vanno allargati gli orizzonti, puntando ad una maggior dimensione delle aziende, ed a figure di riferimento più emancipate. Solo così si potrà puntare alla rinascita».

Massimo Pasinetti
da Bresciaoggi
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