Il prevosto di Vobarno ha ricevuto in ereditŕ un calice donato da Paolo VI al prozio che era divenuto sacerdote insieme al futuro pontefice.
Persino a Vobarno sono davvero poche le persone a conoscenza del prezioso segreto custodito dal parroco locale: don Giuseppe Savio, il religioso che si occupa dei fedeli del capoluogo ma anche di quelli di Pompegnino, Teglie e Carpeneda (e che è anche collaboratore, con don Gabriele Banderini, nelle parrochie di Degagna, Eno, Collio e Carvanno), quando celebra la messa utilizza un prezioso calice ricevuto come «eredità » da Giovanni Battista Montini, meglio noto, dal 21 giugno 1963, giorno in cui salì al soglio pontificio, col nome di papa Paolo VI. «Tutto ebbe inizio a Manerbio - ricorda don Giuseppe - il 15 settembre del 1883, quando in una famiglia di agricoltori della Bassa nacque Andrea, quarto di cinque fratelli, tra i quali mio nonno».
Andrea Costanzo Savio, dopo aver combattuto con coraggio nella Prima guerra mondiale, tanto da guadagnarsi una medaglia di bronzo al valor militare, il 30 maggio del 1920 fu ordinato sacerdote nella cattedrale di Brescia. Dal 1902 al 1920 il futuro don Andrea aveva dovuto sopportare un difficile percorso di preparazione al sacerdozio, interrotto appunto anche dal conflitto: «Durante la cerimonia di ordinazione, nella sua stessa fila del mio prozio c’era anche il suo condiscepolo Giovanni Battista Montini. E in occasione di una speciale udienza commemorativa avvenuta molti anni dopo, don Andrea ricevette in dono dal pontefice stesso questo calice».
Prima di passare, il 17 ottobre del 1929, alla parrocchia di Berlingo che resse fino alla morte, nel marzo del 1966, il prete della nostra storia fu per un anno e mezzo curato a Vobarno, e poi per 8 anni e mezzo parroco di Degagna: «Questa - aggiunge oggi don Giuseppe - è una delle motivazioni che mi ha spinto ad accettare la carica di pastore dei fedeli di Vobarno e delle tante frazioni».
Don Andrea è oggi in odore di santità , tanto che è stata chiesta la riesumazione del corpo: «Nei 36 anni della sua missione a Berlingo sono stati ordinati ben 20 giovani sacerdoti e addirittura 56 suore; per questo è oggi venerato come un santo». Un carisma che ha spinto anche il nostro interlocutore a intraprendere il percorso sacerdotale; e così, anche il calice di papa Paolo VI, che don Andrea aveva donato a quel giovane nipote quando mostrava di voler seguire la sua stessa vita religiosa, è approdato nella cittadina della Valsabbia per essere esibito ogni giorno sull’altare con la celebrazione della messa.
Massimo Pasinetti da Bresciaoggi
In foto don Giuseppe Savio col calice papale ricevuto dal prozio
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