Il forno fusorio di Livemmo

Una antica testimonianza di archeologia industriale

Titolo: Il forno fusorio di Livemmo
Curatore: Pasini Lucia (Docente referente classe 3aC)
Editore: Scuola media statale “Fabio Glisenti”
Pagine: 48
Prezzo: s.i.p.

Il libro:
Chi l’ha detto che la cultura con la “C” maiuscola sia solo quella degli atenei? Beh, se chi l’ha detto leggesse questo piccolo gioiello sfornato dalla buona volontà dei ragazzi della scuola media Fabio Glisenti di Vestone e dalla passione dei loro professori, non potrebbe che ricredersi.
Il lavoro illustrato nel volume non è che uno dei capitoli di un ben più vasto e organico progetto didattico triennale dal titolo “La storia nella memoria” e ha visto la luce nell’anno scolastico 2004-2005.

L’elenco numeroso degli autori comprende oltre agli alunni della classe 3aC (Francesca Alberini, Matteo Bonardi, Roberta Brunelli, Manuel Campagnoli, Rossana Capretti, Laura Dolcetti, Laura Fiori, Manuela Flocchini, Emanuele Ganino, Alice Gilardoni, Stefano Girelli, Zouhair Lahlaoui, Federico Leali, Beatrice Mattioli, Claudia Melzani, Nicola Melzani, Damiano Muffolini, Stefano Papa, Fabio Pialorsi, Elena Rizzardi, Melissa Roncetti, Simone Venturelli, Sabrina Zuaboni), i loro insegnanti (Anna Maria L’affranchi, Mariuccia Mascardi, Emilia Perri) e un esperto esterno (Giancarlo Marchesi) che – non è difficile immaginare – è anche l’ispiratore del progetto stesso.

Il lavoro svolto da questa nutrita équipe prende le mosse dalla occasionale scoperta nel 1999 di alcuni indefiniti ruderi affioranti dal terreno nei pressi del torrente Tovere di Livemmo.
Giancarlo Marchesi, esperto valsabbino di storia economica del territorio bresciano, non ha tardato a scoprirvi i resti di un antico forno fusorio in disuso da almeno 150 anni, semidiroccato e sepolto da una serie di piccole frane e smottamenti di terreno che lo avevano ricoperto di terriccio.
Sulla scorta di questa segnalazione, con grande celerità, il Comune di Pertica Alta ha acquisito l’intera area rendendola disponibile per un progetto di recupero che, partito nel 2004 con una campagna di scavi condotta dall’archeologo Giampietro Brogiolo dell’Università di Padova, giunge oggi a compimento.

Questa in estrema sintesi la storia del rinvenimento, del recupero e dell’apertura al pubblico di un prezioso cimelio che affonda le sue radici in un settore vitale dell’economia e della vita sociale valsabbina.

Da qui poi è partito lo studio che ha coinvolto la scuola di Vestone. I ragazzi, brillantemente guidati dagli insegnanti e dallo specialista hanno mano a mano preso a cuore la vicenda fino a corredarla di preziose note storiche non solo sugli eventi che hanno caratterizzato la vita del forno stesso di Livemmo, ma sull’intero fenomeno della produzione del ferro che tanta parte ebbe nella storia locale.
Ne è nato quindi un piccolo compendio che incorpora addirittura antiche leggende, un vocabolario essenziale dei termini legati al lavoro dei mastri ferraioli, un prontuario della tecnologie legato allo sfruttamento delle vene metallifere, oltre che naturalmente la storia del sito archeologico, del suo sviluppo e del rapido processo di degrado.

Il lavoro è corredato da una interessante postfazione curata dallo stesso Marchesi che fa il punto sulla importanza del ritrovamento. Non ci sarebbe altro da dire, se non che il piccolo volume ha vinto il primo premio al Concorso nazionale «Il filo di Arianna: arte come identità culturale» dell’anno 2006.
Onore quindi al merito degli alunni, dei loro professori e dell’esperto che da tempo spende le sue energie per la conoscenza della storia economica di questa valle.

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