31 Gennaio 2009, 00.00
Idro
Archeologia industriale

Niente Rocca senza quei mattoni

di Ubaldo Vallini

Una parte è dei Gasparini, l’altra dei Rovatti. L’ultimo a farla funzionare è stato tal Stefano Morettini, originario di Sabbio Chiese, nei primi anni Sessanta del secolo scorso. E’ l’antica fornace della Paul. Rischiamo di perderla per sempre.

Una parte è dei Gasparini, l’altra dei Rovatti. L’ultimo a farla funzionare è stato tal Stefano Morettini, originario di Sabbio Chiese, nei primi anni Sessanta del secolo scorso.
E’ l’antica fornace della Paul, a Idro.
Dopo decenni di abbandono, utilizzata come rimessa e magazzino, rischia di essere perduta per sempre e nessuno sembra interessato a muovere un dito.
Eppure si tratta di un sito di archeologia industriale fra i più importanti della nostra provincia, censito anche nell’Atlante del patrimonio storico industriale edito nel 2008 dall’assessorato provinciale alla Cultura.

Ma c’è di più e pochi lo sanno: senza la fornace della Paul non ci sarebbe nemmeno la Rocca d’Anfo.
La conferma arriva dallo storico: “Si fa tanto parlare della fortezza napoleonica e di quanto sia affascinate soprattutto nella parte napoleonica, si stanziano fondi e nessuno si cura di salvaguardare l’impianto che ha reso possibile la sua edificazione†conferma Giancarlo Marchesi, storico dell’economia.

Marchesi, che è anche membro dell’Aipai, acrinimo che sta per Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, non ha dubbi: “L’antica fornace di Idro non compare negli archivi prima della fine del ‘700 ed è certo che nel 1811 appartenesse a Giuseppe Treboldi, personaggio di spicco di Anfo, che in epoca napoleonica ricopriva il delicato incarico di commissario di Guerra presso la Roccaâ€.

Serve altro per comprendere quanto sia importante ancora oggi conservare integro quell’impianto? Esso è in grado di rivestire un ruolo parecchio interessante dal punto di vista culturale, ma anche per lo sviluppo turistico dell’intera area. Eppure il sito viene tenuto in così scarsa considerazione che è stato persino previsto di farci passare accanto una circonvallazione.

La struttura è collocata ai piedi dell’altopiano di “Castel Anticâ€, sul versante sud-est del lago, area di pregio paesistico. E’ sorta lì e non da un’altra parte perché poteva beneficiare di un ricco giacimento d’argilla situato nelle vicinanze, che a causa del secolare sfruttamento è andato progressivamente esaurendosi.
Lo storico spiega che in origine era articolata in quattro complessi e le tre costruzioni ancora oggi esistenti sono costituite da due corpi: fornace ed essicatoio.

Nella fornace ci sono 3 forni con bocche d’alimentazione che misurano 1,3 metri di altezza e 56 centimetri di larghezza. I forni sono a base rettangolare e misurano 4,5 x 3,2 metri di base e circa 10 metri d’altezza.
Dentro ci sono ancora gli ultimi coppi cotti.
A fianco ci sono gli ampi portici ben areati dove venivano posti ad essiccare i laterizi.

A confermare l’utilizzo nella costruzione della Rocca d’Anfo, semmai ce ne fosse il bisogno, l’evidente sproporzione fra la capacità produttiva dell’impianto e la popolazione idrense che nel 1861 contava 800 persone, dedite per lo più a lavori agricoli.


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