03 Novembre 2008, 00.00
Capovalle
Storia

Quando l'austriaco era al Caffaro

di val.

E' sufficiente volgere lo sguardo attorno all’erto incavo nel quale le ere glaciali hanno incastonato l’Eridio, per trovare i segni della storia della Grande Guerra. Intrecciata ad altre storie vero, eppure evidente.

E' sufficiente volgere lo sguardo attorno all’erto incavo nel quale le ere glaciali hanno incastonato l’Eridio, per trovare i segni della storia della Grande Guerra. Intrecciata ad altre è vero, eppure evidente.
Non c’è solo la “magnifica Rocca” d’Anfo sempre meno nascosta dalla vegetazione e sempre più valorizzata a scopi turistici, che parla della Serenissima Repubblica Veneta e di tutto quel che è accaduto poi.

Ci sono le trincee del Monte Stino, quelle sul Manos, ci sono Carzen di Capovalle e il Forte di Valledrane a Treviso Bresciano. C’è il Forte di Cima Ora al Baremone.
E poi camminamenti, postazioni sparse per armi leggere o pesanti, strade che avevano ragione di esistere solo se ad uso militare, mulattiere, resti di osservatori e di teleferiche. Molto insomma, anche se spesso seminascosto dalla vegetazione o reso irriconoscibile dal tempo, parla ancora della Prima Guerra mondiale nell’Alta Valle Sabbia.

Passato e presente, scaduta ormai la memoria diretta per defezione dalla vita dei testimoni, si incrociano piuttosto nelle ricorrenze, sugli spessi muri delle fortezze e... nei progetti ad uso turistico. Ma cosa accadde a quei tempi, semplificando assai e “riducendo” il Grande Conflitto alle vicende valsabbine?
Da queste parti, nel 1915, interi paesi erano stati trasformati in caserme, tanto erano occupati dalle truppe. Per un motivo obbligato: di qui passava il confine. Così a Capovalle persino la chiesa parrocchiale si trovò ad ospitare i militari e l’allora parroco, don Gaudenzio Squaratti, si narra che fosse costretto a celebrare messa nel solo presbiterio.

Guerra vera ce ne fu in verità assai poca, tanto che alcune delle postazioni militari dislocate attorno al lago d’Idro non spararono nemmeno un colpo. Ad ogni modo lo spiegamento di forze era imponente: bisognava evitare al nemico austriaco la possibilità di invadere la Pianura Padana. Nel 1915 il lago ospitò addirittura un piroscafo, il “Concordia”, con l’obiettivo di trasportare da una parte all’altra dell’Eridio munizioni, vettovaglie e materiali vari ad uso delle truppe che vi si trovavano.

Alla mezzanotte del 23 maggio, allo scoppiare delle ostilità nei confronti dell’impero austro-ungarico, furono i bersaglieri del maggiore Corridoni i primi ad attraversare il ponte in ferro sul fiume Caffaro, quello che ora separa la Lombardia dal Trentino e allora divideva l’Italia dall’Austria. Quando fu giorno i fanti della VI Divisione arrivarono a Lodrone, il giorno dopo a Bondone. Il primo giugno entrarono a Storo, poi a Condino, mentre da Capovalle avevano già conquistato l’intera Valvestino.
Poi toccò ai Forti delle Giudicarie e da quel momento, per la terra di Valsabbia, iniziò la logorante guerra di posizione e di trincea.
Alpini, artiglieri e fanti esercitavano azione di controllo dalle cime dei monti, preoccupati ormai quasi esclusivamente di azioni di disturbo.

Così fino al termine delle ostilità.
Da qualche tempo, dimenticate le sofferenze e le privazioni di quel periodo storico, la Valle Sabbia sembra riscoprire quel passato in chiave culturale e turistica. L’intenzione manifestata a vari livelli è quella di creare una rete capace di valorizzare le testimonianze che ancora ci sono, evidenti.
A Capovalle rinascerà in paese il museo dei reperti bellici di Monte Stino, che per ora trova spazio nei locali della ex scuola dell’Infanzia, a causa di alcuni atti di vandalismo sopportati quendo era ospitato sul Monte Stino e in attesa di nuova collocazione.

Il forte di Valledrane è stato reso più sicuro negli anni scorsi e necessiterebbe di ben altri interventi. Ma è soprattutto la napoleonica Rocca d’Anfo, abbandonata dall’Esercito solo nel 1975, dove si stanno concentrando i maggiori sforzi degli amministratori, nel tentativo di rendere l’economia turistica valsabbina meglio strutturata.
La viabilità interna all’antica fortezza è stata ripristinata, così come i camminamenti e alcuni passaggi interni che a causa di crolli erano diventati pericolosi. Gran parte dei 29 edifici di cui è composta, immersi in un’area di circa 500mila metri quadrati, sono ora meta di escursioni guidate.


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