29 Ottobre 2008, 00.00
Gavardo
Solidarietà

L’attenzione al dimenticato popolo Saharawi

di Cesare Fumana

L’estate scorsa alcuni bambini Saharawi erano stati ospitati a Gavardo dagli scout e all’Ass. volontari gavardesi. Marco Piccoli, l’assessore che aveva sollecitato l’interessamento, ha compiuto in veste privata un viaggio nei campi profughi.

La causa del popolo Saharawi è quasi sconosciuta: è una delle tante guerre dimenticate a causa di interessi economici ed equilibri internazionali. I Saharawi vivono attualmente nel sud ovest dell’Algeria, in mezzo al deserto, e sono profughi dalla loro terra che dopo la colonizzazioni spagnola, dal 1976 è stata occupata dal Marocco.

Sono circa 160 mila persone che vivono in quattro campi profughi in mezzo al deserto, in situazioni di indigenza e povertà, e ciò che lascia esterrefatti è il silenzio sulla condizione di un popolo che da oltre trent’anni è dovuto fuggire dalla propria terra.

Diverse associazioni umanitarie di paesi europei hanno preso a cuore le sorti di questa popolazione, e di fronte all’inerzia della politica e della diplomazia si danno da fare per alleviare per lo meno le sofferenze materiali di questa gente.

La scorsa estate dodici bambini con diversi problemi di disabilità sono stati ospitati per dieci giorni a Gavardo, grazie all’impegno del Gruppo Scout Gavardo 1 e dell’Associazione volontari gavardesi che hanno aderito a un’iniziativa portata avanti in Italia dall’associazione marchigiana “Rio de Oro”, che ogni estate porta nel nostro paese alcuni bambini per un paio di mesi per sottoporli a delle cure che nei campi profughi non possono avere.

A sollecitare la disponibilità dei gruppi gavardesi era stato l’assessore alla Cultura Marco Piccoli che per sua iniziativa, non come rappresentanza istituzionale, ha compiuto di recente un viaggio di una settimana nei campi profughi Saharawi con la responsabile dell’associazione “Rio de Oro” Rossana Berini, che portava degli aiuti, e un fotoreporter di Milano, ospiti di due famiglie locali.

«Un’esperienza straordinaria, anche se dura – ci racconta –, che mi ha permesso di constatare da vicino le precarie condizioni di vita di questa gente». Per una settimana ha vissuto con loro, nelle case fatte di fango e con un tetto di lamiera, con una temperatura di circa 35°, che in estate tocca i 55°, mangiando couscous, verdure, carne di cammello, e riso e legumi che giungono con gli aiuti umanitari.

Cosa l’ha spinto a intraprendere questo viaggio? «Per verificare di persona se le somme raccolte per le adozioni a distanza giungono effettivamente alle famiglie bisognose, ma c’è anche una motivazione più personale perché nella loro permanenza a Gavardo mi sono affezionato in modo particolare a uno dei bambini ospiti ed ho colto questa occasione per portare un aiuto aggiuntivo alla sua famiglia, il che non guasta».

Marco Piccoli ha potuto seguire anche alcune iniziative portate avanti dall’associazione marchigiana, in particolare la costruzione di una struttura sanitaria, con il Rasd, Repubblica democratica araba Sahrawi, la rappresentanza di questo popolo, una Repubblica riconosciuta da alcuni Stati, specie del Sud America, e dall’Unione Africana, ma non dall’Onu.

Sono diversi gli enti locali che mantengono contatti con questa popolazione tramite l’associazione “Rio de Oro” e la speranza di Marco Piccoli è che l’esperienza di aiuto della scorsa estate si possa ripetere anche in futuro.


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