25 Ottobre 2008, 00.00
Vestone
Tragedia aerea in Francia

Il dramma di tutta Vestone

di Ubaldo Vallini

Quanti sono i ragazzini che a dodici anni dicono di volere fare il pilota d’aereo? E quanti di loro ci riescono? Ecco. Michele Cargnoni era uno di questi ultimi: fra i pochissimi che hanno potuto indossare delle ali vere.

Quanti sono i ragazzini che a dodici anni dicono di volere fare il pilota d’aereo? E quanti di loro ci riescono?
Ecco. Michele Cargnoni era uno di questi ultimi: fra i pochissimi che hanno potuto indossare delle ali vere.
Trent’anni, capitano pilota dell’Aeronautica militare. Volare era il suo progetto di vita. Lo stesso che gli aveva consigliato l’acquisto di una casa a Brindisi per essere più vicino alle sue missioni. La stessa passione la provava anche Federica, la sua fidanzata, donna del Sud laureanda in ingegneria aeronautica.

Soprattutto i famigliari, ma anche tutta Vestone, erano orgogliosi di lui. Anche perché Michele non mancava di ricambiare l’affetto dei suoi e dei valsabbini che lo conoscevano con la sua proverbiale gentilezza ed affabilità.
Tutto questo si è interrotto, tragicamente, nel pomeriggio di giovedì scorso su un elicottero HH-3F precipitato in aperta campagna, in Francia.
Sarà una commissione d’inchiesta che l’Aeronautica militare ha già provveduto a nominare a stabilire le cause del disastro, ma questo a Vestone conta poco: ieri era di casa il dolore.

“Non dirmi niente, non dirmi niente” il dramma era tutto lì, in via dei Nespoli, nel viso stravolto di mamma Rosa, 55 anni, che faticava a gestire le emozioni: negli occhi dei tanti che le facevano visita cercava soprattutto qualche cosa del suo Michele. Lui ammiccava col suo sorriso dolce e calmo dalle fotografie alle pareti e sui comò, dalle pagine dei giornali sparsi sul tavolo e dalle divise dei colleghi.
Intorno altre facce, livide dal dolore. Su tutto quanto, soprattutto, il silenzio.

“Non ci sono le parole per dire cosa stiamo provando tutti quanti in questo momento”. Giovanni Zambelli, zio di Michele, è un leghista di quelli duri e puri. Un omone abituato alle gioie e ai dolori della vita, da salutare ora con una risata ora con una spallata.
Ieri però i suoi occhi sembravano quelli di un bambino spaventato: “Possiamo dire che tutti i nipoti sono preferiti, Michele però lo era più di tutti. Forse perché con lui mi trovavo a mio agio e senza problemi si poteva parlare di tutto. Una disgrazia come questa no, non la meritavamo proprio”.
Poi aggiunge, zio Gianni: “Certo, lo sapevamo che fare il pilota per l’Aeronautica non è mica come andare a passeggio. Lui però ne aveva già viste e fatte tante, era stato anche in Iraq e ne era venuto fuori bene. Invece...” è quel groppo alla gola che in questi casi ti prende e ti strizza gli occhi a non lasciagli concludere la frase.

Intanto alla porta della cucina si affacciano cinque ragazzi con la divisa dell’aeronautica, l’età è quella dei cadetti, entrano e si sistemano in piedi tutto attorno alla stanza nella quale ci sono già due ufficiali e papà Vincenzo.
Nel vederli mamma Rosa si alza dal divano in sala e scivola nel corridoio. Si copre il volto e piange ancora, fino a singhiozzare. Poi si stampa in volto un sorriso dei migliori ed è con quello li accoglie e li scruta uno per uno: il suo Michele era come loro solo una decina di anni fa.

“Sembra che abbiano escluso l’errore umano” dice papà Vincenzo, 58 anni, amministratore comunale e maestro alle Elementari del paese, dopo aver parlato a lungo con i colleghi del suo Michele che hanno raggiunto la Valle Sabbia appena hanno potuto e non se ne sono più andati: “Non che questo conti un gran ché ormai, però...”.
Ma come l’avete saputo. “Dell’incidente subito, come tutti. Michele ci aveva telefonato la sera prima e sapevamo che era impegnato in un’esercitazione all’estero. Abbiamo provato a metterci in contatto, ma non ci siamo riusciti. Col passare delle ore cresceva l’angoscia, ma anche la consapevolezza che se lui fosse stato coinvolto nell’incidente qualcuno ce l’avrebbe fatto sapere.
Così è stato. Abbiamo capito tutto quando hanno suonato alla porta”.

Ci hanno messo un po’ i militari a verificare quello che era successo in Francia, a partire dalla base di Ghedi e a raggiungere Vestone. Del resto la notizia da dare alla famiglia non era certo una di quelle da liquidare con una telefonata e dall’aerobase del 6° Stormo è salito in Valle Sabbia anche il comandante, il colonnello Aurelio Colagrande.
Entrano con l’aria triste gli altri del paese, come minimo hanno gli occhi lucidi più tardi, quando se ne vanno. Il lutto dei Cargnoni è il lutto di tutti. Se ne fa interprete il sindaco Emanuele Corli: “Era un ragazzo positivo, con il suo entusiasmo riusciva a contagiare tutti e per questo nonostante vivesse lontano era per molti una figura di riferimento – ci ha detto -. Lascia un vuoto che sarà difficile da colmare”.

Intanto lo zio Eugenio e Massimo, il cugino che abita al Mulino di Levrange, sono già partiti per la Francia, per il riconoscimento ufficiale. Invece Nicola, il “fratellino” di Michele che a Idro dopo l’Alberghiero ha aperto un bar, torna dalla cascina dove è andato a portar da mangiare a polli e conigli.
La vita continua, deve.


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Intanto da Idro ci scrive Rosanna.

28/10/2008 00:00

In tanti per l'ultimo addio a Michele Tanti amici e tante divise questo pomeriggio, si sono stretti attorno ai familiari di Michele Cargnoni, per accompagnare l'amico e il collega nel suo ultimo viaggio.




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