07 Aprile 2023, 09.54
Eco del Perlasca

L'attualità del mito della caverna

di Martina Cattane

Avete mai sentito parlare del mito della caverna? Dei bias cognitivi? Di bolla informativa? Alcuni di voi probabilmente sì, ma vi siete mai fermati a riflettere su quanto queste cose abbiano in comune e sulla loro modernità?


Iniziamo con il racconto del mito della caverna, a beneficio di chi non ne abbia mai sentito parlare.
Il mito della caverna ci viene presentato dal filosofo Platone nel settimo libro dell’opera “Repubblica”, attraverso un dialogo con il suo discepolo Glaucone.

Il racconto è a proposito di alcuni schiavi
che vivono in una caverna, incatenati in modo da non potersi muovere e quindi costretti a vedere soltanto le ombre di alcune statuette poste alle loro spalle, proiettate sulla parete grazie ad un fuoco acceso.

Non potendo vedere nient'altro, com'è naturale, gli schiavi credono che quello sia il mondo reale, la verità, almeno finché uno di loro non si libera e riesce ad uscire dalla caverna, scoprendo ciò che si trova all'esterno.
Capendo di aver vissuto fino a quel momento nella menzogna, decide di tornare indietro per liberare anche i suoi compagni, ancora bloccati dalle catene dell'ignoranza.

Ma quando tenta di mostrare loro la verità
, questi, credendolo pazzo, lo uccidono, preferendo continuare a vivere in una bugia piuttosto che mettere in discussione le proprie convinzioni.

È proprio qui che troviamo alcuni dei bias cognitivi: costrutti fondati su ideologie e pregiudizi che consentono di prendere velocemente delle decisioni, che spesso però si rivelano errate.
In questo mito troviamo principalmente i seguenti bias: dello status quo, di conferma e dell'ancoraggio.

Il primo è caratterizzato da una resistenza al cambiamento, dovuta alla supposizione che una scelta diversa farà soltanto peggiorare le cose.
Il secondo, invece, si verifica quando decidiamo di evitare le persone che la pensano in modo diverso da noi, prediligendo la compagnia di chi alimenta i nostri punti di vista.

Il terzo capita quando, per prendere una decisione, confrontiamo soltanto un insieme limitato di elementi, senza considerare il totale.
E quindi, eccoci arrivati alla bolla informativa: un insieme d’informazioni che non fanno altro che confermare quello che già sappiamo, o che pensiamo di sapere, senza mai spingerci ad andare oltre, analizzare altri punti di vista.

Ci succede troppo spesso con i nostri smartphone.
Per esempio, se siamo interessati all’acquisto di un particolare prodotto e lo cerchiamo in Internet, dopo pochissimo tempo avremo il cellulare pieno di notifiche al riguardo, solitamente con valanghe di commenti positivi ed elenchi di persone famose che lo hanno provato.

Questo succede anche con le informazioni sulla cultura, l’economia, la politica e in generale tutto ciò che succede nel mondo, perché è questo che si può trovare su internet: tutto.
Eppure noi leggiamo soltanto le notizie “selezionate per noi”, quelle che ci diranno che avevamo ragione, che ci faranno sentire fieri di noi stessi, perché noi sì che siamo informati.

Anche noi, come gli schiavi nella caverna, soffriamo di quei bias cognitivi.
D’altra parte, a chi non farebbe piacere vedere che tutto (persone, giornali, social) gli dà ragione? E cosa succede, invece, quando qualcuno, magari più informato di noi sull’argomento, cerca di dirci che i fatti sono altri, che c’è qualcosa che non abbiamo capito, che, chiusi nella nostra bolla informativa, abbiamo trascurato, ma che si rivela fondamentale per la comprensione della questione?

Ovviamente reagiamo in malo modo, dando a questa persona della bugiarda, dell’ignorante o dell’incompetente, cercando gli articoli e i post che ci danno ragione e mostrandoglieli per portare avanti la nostra tesi, quando invece dovremmo controllare il maggior numero di punti di vista possibili per tentare di arrivare, quantomeno vicini, alla verità.

Quante volte, anche nella storia, si sono verificate situazioni simili?

Persone che hanno cercato di far aprire gli occhi ai propri contemporanei, che sono state definite pazze, abbandonate dalla società che cercavano di salvare e semplicemente fatte sparire.
Basti pensare ai regimi totalitari.

Oggi, però, viviamo in un Paese libero
e, di conseguenza, dovremmo esserlo anche noi.
Eppure siamo in una bolla, in una caverna, intrappolati da questi dispositivi elettronici che pensiamo di poter usare per i nostri comodi, ma che in realtà hanno su di noi un potere molto più grande di quello che avremmo mai potuto immaginare che avrebbero raggiunto quando Internet è stato inventato.

Sta a noi riuscire a controllarlo, usarlo, non per chiuderci nelle nostre convinzioni, ma per espandere le nostre conoscenze, senza partire da pregiudizi errati e analizzando diverse fonti.

La verità assomiglia ad una figura in proiezione ortogonale: puoi guardarla dall’alto, di fronte, di lato, ma è solo unendo tutte le diverse prospettive che puoi vederla veramente.
E per farlo dobbiamo “muoverci”, uscire dalla bolla, dalla caverna, abbandonare la confort zone e le presunte certezze che comporta. Ora, la domanda è: “Che cosa siamo disposti a rischiare per la verità?”.

Martina Cattane 3^A liceo scientifico




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