La febbre del tondino, con Giancarlo Marchesi

Alle 16, presso la sala convegni della Cassa Rurale Adamello Giudicare Valsabbia Paganella di Ponte Caffaro, è in programma l’incontro con Giancarlo Marchesi che parlerà sul tema: «La febbre del tondino: la siderurgia valsabbina dal secondo dopoguerra agli anni Sessanta».

Più in specifico, l’intervento intende analizzare la fase di sviluppo iniziale delle lavorazioni siderurgiche legate alla produzione del tondo per cemento armato.

Tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, alcune realtà territoriali della vallata bresciana (Odolo, Casto, Vestone) furono contagiate dalla “febbre del tondino”, come era stato battezzato allora il notevolissimo impulso che aveva avuto l’industria siderurgica nell’area bresciana, quale naturale conseguenza dell’intenso fervore che animava in quel momento il settore delle costruzioni.

Spronati dalle necessità di mercato, i secolari magli che ancora punteggiavano le valli cambiarono destinazione d’uso: continuarono a battere il metallo per quattordici-sedici ore nel corso della giornata, ma anziché forgiare vanghe, zappe e badili, lavoravano tondo per l’edilizia.

Dopo questa fase pionieristica, gli operatori avvertirono la necessità di innovare gli impianti, nell’intento di resistere alla forte concorrenza. Tuttavia, per installare una moderna struttura produttiva servivano ingenti capitali, che non erano certo nelle disponibilità dei singoli operatori.
E fu proprio la pressante esigenza di reperire notevoli risorse finanziarie, a spingere vari attori economici a dar vita a nuove società di capitali.

Tra i soci di queste compagini a capitale diffuso erano presenti molti esponenti del ceto rurale locale.
Piccoli proprietari terrieri, allevatori, contadini-possidenti conferirono importanti risorse per entrare nelle nuove aziende siderurgiche, che avevano come principale obiettivo quello di dotarsi degli innovativi forni elettrici, da affiancare ai tradizionali “treni di laminazione”.

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