22 Agosto 2022, 09.30
Val del Chiese
Il ricordo

Ciao «Lindo Scarpolì»

di Gianpaolo Capelli

La gente del paese di Bondone la mattina verso le sette, o prima secondo le stagioni, era svegliata dal garrire stridulo della piccola ape 50 di Zelindo Valerio, classe 1935, per tutti “El Lindo Scarpolì”

                                                  
«No ga rivo mia a dormì» non riesco a dormire diceva e ancora presto partiva a far compere in farmacia o nei negozi di Ponte Caffaro per se stesso e per chi aveva bisogno, Sempre, tutti i giorni.
 
Zelindo ha sempre vissuto a Bondone, esclusa la decina di anni passati a Carisolo come “garzu”, “senzo ciapagn gna u”, lavorando sempre gratis, come apprendista calzolaio presso un laboratorio locale.
 
All'età di due anni venne colpito dalla poliomelite alle gambe, ma per Zelindo questo non fu mai un handicap e l’avrebbe dimostrato per tutta la vita eseguendo tutto quello che fa una persona normale, forse con una agilità ancora maggiore.
 
Figlio di Maurizio Valerio e Maria Mantovani con i suoi fratelli Margherita e Franco si trasferiscono a Carisolo ancora nel 1947 a fare legna e carbone. Lì da sempre vivono il fratello Franco e la sorella Margherita. La mamma Maria perisce in grave incidente in montagna proprio in quell'anno, lasciando il marito vedovo e i figli orfani
 
Zelindo ritorna a Bondone all'inizio degli anni ‘60 e mette a frutto l'arte che ha imparato a Carisolo: apre il suo laboratorio di calzolaio proprio di fronte alla Trattoria Centrale, quella di mio padre, nella casa del parente Italo Valerio quella “dell'Amabel” col murales del re e della morte.
 
Bravo artigiano ripara e produce anche gli scarponi dei carbonai, (speciali: quasi due giorni di lavoro per farne un paio) e i carbonai oltre che pagare a rate pretendevano la garanzia di impermeabilità e durata.
 
Le sue mani vigorose lavoravano instancabilmente di “lisna, pece e spago”, le sue braccia con quell’esercizio quotidiano acquistarono una vigoria eccezionale. Zelindo non disdegnava di passare qualche ora con gli amici alla trattoria del Martino Polma, il cui figlio, Antonio, possedeva una Fiat 1100 famigliare: amici inseparabili, spesso gli faceva compagnia girando per la valle.
 
Zelindo entra a far parte anche dell'Inter Club Bondone, metà anni ‘60. In quei primi anni della sua gioventù sono io a fargli comperare il mitico “Motom 48”, rosso, e a insegnarli a affrontare la strada; me ne sarà sempre grato.
 
I tempi cambiano e il lavoro di calzolaio cala, allora ecco che Zelindo trova impiego a Baitoni presso la ditta Benini maniglie, e rimane lì fino al pensionamento.
 
La sua casa in via Tito Minniti è sempre in ordine linda e pulita e ordinata. Lui, è sempre disponibile a qualche riparazione di scarpe senza chiedere nulla.
 
«Me che comode i tachèc a le matele le go da nà a balà» : devo riparare i tacchetti delle scarpe alle signorine, devono andare a ballare, diceva.
 
Zelindo da pensionato passa sempre qualche ora alla piazza della Levata a “contalo” a far filò con gli amici e quando c'era l'occasione non disdegnava di far qualche partita “ai mazèc” alle carte con piccole puntate di poche lire.
 
Di carattere un po’ fumantino “la ghe vegnia prest, mo laghè pasavo defòt”, si arrabbiava per poco ma subito ritornava sorridente e bonario come prima, ultimamente è stato per qualche mese alla casa di riposo di Storo, ma non si ambientava e per questo è tornato al suo paese.
 
Ciao amico Zelindo, ti volevamo bene, te ne sei andato improvvisamente e lasci la tua Bondone ancora più deserta, te ne sei andato senza disturbare nessuno, come hai vissuto, riposa in pace. Sentite condoglianze ai famigliari.
 



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