24 Agosto 2021, 09.00
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Una riforma a misura di territorio

di Valerio Corradi

La riorganizzazione della sanità lombarda passa anche dall’introduzione delle Case di Comunità. Cosa sono e perché possono essere utili?


Il progetto di riforma presentato dall’Assessore regionale al Welfare, Letizia Moratti, affronta la sfida della riorganizzazione territoriale della sanità lombarda mettendo in campo nuovi strumenti, ad esempio Ospedali e Case della comunità, che costituiscono delle oggettive opportunità per il contesto lombardo ma il cui impatto, nelle diverse aree della regione, richiede di essere valutato con attenzione.

La nuova impalcatura del welfare sanitario regionale muove, anzitutto, dalla rimodulazione delle funzioni delle Aziende socio-sanitarie territoriali (Asst) e delle Agenzie di tutela della salute (Ats) e dal riconoscimento dell’equivalenza, in termini di diritti e di obblighi, tra strutture pubbliche e strutture private accreditate.

Il nuovo dimensionamento (rescaling) del welfare sanitario viene perseguito con l’individuazione di 100 Distretti che come articolazioni delle Asst, oltre ad essere un riferimento per i Piani di zona, svolgeranno funzioni di governo e di erogazione delle prestazioni. In continuità con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è poi prevista l’individuazione dei Presidi ospedalieri territoriali (Pot) dentro i quali saranno attivati 64 Ospedali di comunità, e dei Presidi sociosanitari territoriali (PreSST) all’interno dei quali troveranno collocazione 216 Case della comunità.

La rapida infrastrutturazione del territorio è da considerarsi il primo necessario passo per la costruzione di un sistema che fondi su più solide basi il rapporto tra servizi di comunità, medicina territoriale e centri ospedalieri, la cui debolezza si è drammaticamente evidenziata durante l’emergenza pandemica. Una volta migliorata la copertura dei servizi, si dovrà dare seguito all’integrazione tra area sociale, socio-sanitaria, sanitaria e tra le attività di figure eterogenee come medici di famiglia, medici specialisti, pediatri, infermieri di comunità, assistenti sociali, operatori socio-assistenziali, ostetriche.

Si tratterà di capire come la riforma impatterà sui medici di famiglia rispetto ai quali rimane aperto il problema delle carenze d’organico che già oggi si toccano con mano nelle comunità affidate a “sostituti temporanei” e che si accentuerà nei prossimi anni (entro il 2024, nel Bresciano, è previsto il pensionamento di 120 medici di base). Sarà altrettanto importante sciogliere alcune incognite sull’introduzione e sul funzionamento delle Case della comunità.

Il monitoraggio per il periodo 2009-2019 sull’impatto di tali strutture in Emilia Romagna (una delle prime regioni ad introdurle) ha dato segnali non univoci, evidenziando che in presenza di tali centri si sono mediamente ridotti del 16 percento gli accessi al Pronto soccorso per cause che non richiedono interventi urgenti, percentuale che sfiora il 26 percento quando il medico di famiglia opera al loro interno. Meno sensibile è stato invece il calo dei ricoveri ospedalieri (-2,4 percento) mentre ha ricevuto uno stimolo allo sviluppo la rete di assistenza domiciliare infermieristica e medica.

Un dato d’interesse per un contesto variegato come quello lombardo è che l’attività della Case della comunità/salute ha prodotto un’ampia gamma di effetti, che variano in base all’Azienda sanitaria e al territorio (es. grandi/piccoli centri). La loro efficacia dipende da molti fattori che rimandano alla presenza e alla comodità del primo soccorso ospedaliero o di servizi paralleli, al grado di complessità della struttura e alla loro capacità di diventare un reale punto di riferimento per i cittadini. In questa prospettiva, per la collocazione e per il funzionamento delle Case e degli Ospedali della comunità, non si potrà prescindere dall’avvio di un’interlocuzione con organi programmatori come le assemblee dei sindaci degli ambiti territoriali che toccano con mano i reali bisogni dei cittadini, e che conoscono direttamente le strutture presenti nei diversi contesti e quelle che meglio potrebbero prestarsi ad ospitare i nuovi servizi di prossimità.

Il successo della territorializzazione del welfare sanitario lombardo dipenderà dalla capacità di coinvolgere in tutte le fasi i territori e di radicare, fin da subito, i nuovi servizi nelle comunità locali, rendendoli a tutti gli effetti spazi per la comunità, capaci di mobilitare e di integrare risorse e azioni diverse a beneficio del benessere locale.

(tratto da Giornale di Brescia, 07 agosto ’21)
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