L'ultimo saluto al Gian

Sempre con don Duilio Lazzari ad officiare, ma in due momenti distinti, Odolo ha dato l’addio al “Gian”. Così in paese chiamavano e riconoscevano al volo Gian Battista Brunori, fra gli ultimi odolesi in vita fautori del miracolo siderurgico che ha portato alla ribalta mondiale e segnato in modo indelebile il piccolo centro valsabbino.

Il Gian imprenditore, salutato da non meno di cinquecento persone che si sono riunite nel grande piazzale interno della Ferriera Valsabbia, dove familiari e amici sono stati invitati a deporre delle pietre, mutuando la tradizione ebraica che nella pronuncia della parola pietra (eben) individua “av” e “ben”, che significano “padre” e “figlio”, indicando dunque il senso della continuità fa le generazioni, ma anche il legame e la memoria.

Il Gian «Grande imprenditore dal cuore operaio» come è stato definito dal rappresentante del sindacato interno che per l’occasione ha preso la parola e che ha aggiunto: «Non ha mai eretto muri insormontabili. Era capace di darci consigli, di fare ramanzine, ma anche di essere uno di noi, per farci capire che la Ferriera Valsabbia doveva essere una grande famiglia».

Stefano Gaburri, a nome degli azionisti, ha definito la figura di Gian Battista Brunori “anima della ferriera”:
«Ed è ancora qui, con la sua eredità morale, col suo sorriso cordiale, autorevolezza, la capacità di mettere tutti a loro agio e di inventarsi sempre qualche cosa di nuovo, con la fatica ma anche la devozione del lavoro, con la gioia del fare».

«Prima un giro in fabbrica, ora un giro in cielo» così don Duilio ha iniziato la messa funebre.
L’ex parroco odolese, ha qui ricordato “il Gian” uomo: «Capace di umiltà, come lo sono i grandi e che grazie a questa loro caratteristica sanno prendersi cura degli altri».

Gian il nonno, che per il nipote Carlo Alberto è passato dalla vita in questo mondo alla vita «nel mondo della memoria».

Poi il saluto del sindaco Fausto Cassetti, a nome della comunità e non sono quella odolese: «Stare vicino a lui è stato un privilegio e con lui si parlava di tutto: di vicende odolesi, ma anche dell’economia e della politica, più in generale della vita».

In un angolo della chiesa intanto si era sistemato Carlo Oliva, classe 1926, l’ultimo dei “grandi” a trascinare fuori Odolo dall’epoca del maglio a quella della moderna siderurgia.