Budu nel Grande Nord
di Franco Tarsi
La straordinaria avventura a piedi dall'Italia a Capo Nord in una serata a Paitone trasmessa in streaming
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Capo Nord è una località nota in tutta Europa. E’ il punto più settentrionale della Norvegia, a 71 gradi di latitudine: in realtà il primato spetta ad un sito poco distante, sulla stessa isola Mageröya - sì, perché il punto non si trova sulla terraferma continentale, ma su un’isola, ora collegata da un tunnel - ma ormai la frequentazione turistica lo ha incoronato tetto d’Europa e tale rimane. Per andarci basta rivolgersi ad una delle tante agenzie specializzate nel settentrione e ci si arriva in giornata, in aereo fino ad una trentina di km da Capo Nord e poi in macchina attraverso il tunnel. Ma lo scopo di Andrea Toniolo, che preferisce sentirsi chiamare col soprannome di ’Budu (chissà che cosa vuol dire!) non era la visita ad una località turistica, per quanto interessante; lo scopo, quello vero, era il viaggio.
Un passato da calciatore poi un incidente
Perché? La risposta sta nel passato atletico di ‘Budu’ (classe 1989) : tredici anni da calciatore e poi un incidente in moto (frattura di entrambe le gambe) lo costringe a letto per sei mesi. Ma “la vita - mi dice lui stesso - è troppo breve per rinunciare”. E lui non rinuncia e - visto che a calcio non può più giocare - pensa ad un’impresa non comune; andare fino a Capo Nord, attraversando tutta l’Europa centro meridionale e tutta la Norvegia da sud a nord: partenza dalla sua città, Castelfranco Veneto (patria di quel grande innovatore della pittura che era il Giorgione, innovatore un po’ come lui, Budu), 4.300 km in 84 giorni (50 km al giorno, tutti i giorni; provate pure voi a fare il conto), a piedi e trascinandosi dietro un carretto con i viveri e il necessario per il viaggio. Questa è l’impresa di Budu, che non mi risulta sia mai stata fatta da altri. Ma quello che la trasforma in una ‘grande’ impresa è il pensiero, l’idea di farla. Non un tentativo di stabilire un primato da Guinness (che probabilmente è), non una competizione con altri, ma una sfida con se stesso. Mettersi in gioco per sfruttare i mezzi fisici e mentali sui quali sentiva di poter contare e che, forse, sentiva di dover sfruttare o, meglio, di dover mettere alla prova: ho le forze, ho avuto l’idea, perché non tentare?
Messner insegna
Vi ricordate delle imprese e dell’insegnamento di Reinhold Messner sull’Himalaya e il Karakorum? Andare su un ‘ottomila’ in stile alpino invece che hymalayano? Impossibile, non l’ha mai fatto nessuno! E lui, fra i primi, l’ha fatto (con Peter Habeler). Salire un ottomila senza ossigeno? Impossibile, si muore! E lui l’ha fatto e non è morto (sull’Everest, prima ancora con Peter Habeler e poi da solo). Concatenare due ottomila senza tornare a valle? Impossibile anche solo pensarlo! E lui l’ha fatto. Questo è l’insegnamento: togliere dal proprio vocabolario la parola impossibile, perché se si pensa che una cosa sia impossibile non la si tenterà mai e non si potrà mai sapere se sia possibile o no. Quella di Budu non è un’avventura estrema, alla Messner, ma è ugualmente una grande impresa e un altrettanto grande insegnamento, per lo meno per quanti vogliono fare e non si decidono e, nello stesso tempo, non si sentono di rischiare la pelle.
Volere un’altra occasione
Paradossalmente, come succede spesso anche se non ce ne accorgiamo, l’incidente ha costituito per Budu uno stimolo, un incitamento a rivolgersi ad una nuova disciplina sportiva, inventata da lui, forse ancora di maggiore soddisfazione del calcio, dove per emergere occorre farsi strada, anche con tanta fortuna, in una folla di competitori. Con tutta probabilità, anche guardandosi indietro, avrebbe preferito che l’incidente non fosse mai successo, ma la forza di questo ragazzo è stata non lasciarsi abbattere dalla disgrazia, successa nel 2012, quando aveva appena 23 anni, e volere, fortissimamente volere (vi ricordate di Vittorio Alfieri?) un’altra occasione. E tre anni dopo, nel 2015, con l’avventura nel Grande Nord, l’occasione è stata inventata e colta appieno.
A Paitone una serata in diretta Facebook il 24 aprile
Quello che Budu ha fatto, a Paitone l’abbiamo scoperto da poco, anzi abbiamo scoperto da poco che esistesse un personaggio come lui. E sì che sui suoi filmati personali è stato costruito un documentario intitolato ”The runner doc - dal Veneto a Capo Nord”, co-regista Alberto Scapin, ed è nato un libro, scritto dallo stesso Budu: “Il limite che non c’è” (ecco il riferimento all’ impossibile, di cui parlavamo prima), edito dalla Alpine Studio di Lecco. Purtroppo e troppo spesso la territorialità, con la sua connaturata limitatezza, prevale sull’importanza delle cose, che vengono conosciute tardi, limitatamente e superficialmente, non come certe imprese meriterebbero. Da qui l’idea del comune di Paitone di tenere una serata (‘bella e istruttiva’ - come direbbe Giovannino Guareschi) in diretta Facebook dedicata alla avventura nel ‘Grande Nord’ del nostro amico Andrea Toniolo (ogni tanto bisogna chiamarlo anche col suo nome).
Vi possiamo anticipare che Budu non si è fermato lì: ha pensato ad un’altra impresa e l’ha realizzata. Forse non anticipiamo nulla, perchè su Internet c’è già molto materiale sia di Capo Nord che della seconda avventura, ma di questa non diciamo niente per non togliere il gusto della scoperta a chi ancora non la conosce.
Appuntamento, quindi, sulla Pagina Facebook del Comune di Paitone (segnatevi data e ora) sabato 24 aprile 2021 alle 20.45. Ne vale la pena e possiamo dirvi - questo sì - che ci sarà un seguito alle imprese di Budu. Un appuntamento, questa volta, che potrà interessare e soprattutto stimolare anche chi non si sente di (o non può) affrontare sfide al limite.
Sfide, per meglio dire, “alla Budu”.
Franco Tarsi
consigliere alla Cultura di Paitone