20 Aprile 2021, 07.38
Eco del Perlasca

La mafia secondo don Aniello

di Cristian Bonomini

Com'è convivere con la mafia? Si può davvero fare qualcosa per contrastarla? Sì, si può e don Aniello Manganiello ce l’ha fatta


Nella giornata di mercoledì 24 marzo, la classe III AM e la classe V AI - dell’istituto “G. Perlasca” di Vobarno - hanno avuto un eccezionale incontro con don Aniello Manganiello; ed io ero fra loro. Lui ci ha portato la sua testimonianza; ci ha raccontato della vita nel quartiere di Scampia.

Don Aniello ha 59 anni, orfano di padre, è cresciuto con 8 fratelli e in grande povertà.
La sua famiglia emigrò in Germania per trovare lavoro, invece lui non volle andare. Infatti decise di entrare in seminario all’età di 11 anni e di intraprendere la vita da parroco per poter aiutare le persone, per non farle vivere nelle condizioni di povertà e miseria in cui lui aveva vissuto. Diventato parroco è stato per molti anni a Roma, più precisamente nell’oratorio San Giuseppe al Trionfale. Solo nel ‘94 è stato trasferito a Scampia: proprio questo trasferimento gli ha cambiato la vita.

Una volta arrivato a Scampia, non fu affatto contento; era stato trasferito da uno dei più belli oratori di Roma in un posto in cui il degrado stava inghiottendo il paese: case abbandonate e distrutte, sporcizia dappertutto e muri imbrattati.
Fin da subito don Aniello ha iniziato a combattere la mafia perché, come dice lui, “dobbiamo dare un senso alla nostra vita”.
Il nostro parroco continua dicendoci che si augura, alla fine dei suoi giorni, “di aver lasciato il mondo come un posto migliore” rispetto a come l’ha trovato.
Conclude dicendo “credo che [questa] sia la cosa più bella che uno può dire di sé stesso”.

Questa frase ci fa riflettere
sul fatto che noi siamo cittadini, non siamo venuti al mondo per niente, abbiamo uno scopo nella vita, siamo nati in primo luogo per valorizzare noi stessi, renderci delle persone migliori; mentre noi ci valorizziamo rendiamo migliori anche gli altri e il mondo che ci circonda.
Don Aniello questo ha fatto. Valorizzando sé stesso ha valorizzato e reso un posto migliore Scampia.

Don Aniello, quindi, essendo una voce fuori dal coro, come si è capito, ha intrapreso la lotta contro la camorra con un metodo che non tutti si aspetterebbero.
Egli, infatti, per combattere la malavita ha usato il calcio e l’oratorio. Sì avete capito bene, ha tolto i ragazzi dalla strada e dalla cattiva influenza della mafia usando il calcio. Ha fondato la squadra di calcio dell’oratorio Don Guanella a Scampia, di cui è felicemente il presidente, e l’ha usata come mezzo educativo per riportare sulla retta via i ragazzi.

Cosa lo spinge ad agire così? Il suo credo, la sua parola d’ordine: tutti si possono convertire, nessuno è impossibile da recuperare.
Questa politica ha suscitato molto dissenso nella comunità, come ci ha accennato, perché molti sostengono che una volta che si diventa criminali lo si è per sempre.
Al contrario, Aniello ci dice che, negli anni in cui è stato parroco a Scampia, ha ottenuto molte conversioni; ciò ha fatto sì che le persone abbiano iniziato a fidarsi sempre più dei sui metodi; anzi hanno aiutato queste persone a intraprendere la retta via della conversione.     

Dopo questa affermazione noi studenti ci siamo incuriositi e abbiamo chiesto come i ragazzi di laggiù convivessero con la camorra, come la sua presenza influenzasse la vita di tutti i giorni. Lui ci ha risposto dicendo che la malavita fa cose brutte ogni giorno, come entrare in casa di persone povere e indifese e appropriarsene definitivamente, attaccarsi ai contatori della luce o all’impianto idrico, e se solo provi a lamentarti ti fanno di peggio.
Si impadroniscono di proprietà pubbliche senza chiedere niente a nessuno e quel posto diventa loro e guai a dirgli qualcosa. Se vuoi aprire un’attività, devi pagare, devi obbedire, altrimenti te la fanno chiudere.

I ragazzi di Scampia però davanti a questi comportamenti, si dividono in due fasce: da una parte molti ragazzi imitano i comportamenti di Gomorra (Gomorra e camorra sono diventati sinonimi, in maniera priva di logica, infatti Gomorra è una città citata nella Bibbia che viene distrutta da Dio, perché è una città logorata dal vizio, dal peccato e quindi irrecuperabile. Scampia, invece, afferma don Aniello non è solo questo, Scampia è tanta brava gente), ne emulano i comportamenti e li mettono alla base della loro vita.

Ci ha raccontato un episodio accaduto non tanto tempo fa, quando dei ragazzi di 15/16 anni sfrecciavano per le vie di Scampia sparando all’impazzata in aria, terrorizzando la gente.
Tutti questi ragazzotti non vanno a scuola, hanno gravi carenze culturali.
Il don ci raccontava che, appena a Scampia, ogni giorno ci sono quasi 1000 ragazzi che saltano la scuola: è come se ogni giorno ci fosse sempre un istituto vuoto!
Perché fare questo? Lo fanno perché la camorra gli dà soldi facili, quei soldi che sono utili per portare qualcosa di caldo in tavola la sera, quindi davanti a una cosa così importante la scuola passa in secondo piano, anche se lo studio è molto importante perché ti dà una dignità.

Se da un lato ci sono ragazzi che seguono questi comportamenti, dall’altro lato ci sono tutti quei ragazzi che vivono come se la camorra non esistesse, si preparano alla vita e si costruiscono il proprio futuro, praticano sport e partecipano al volontariato.
Questa fascia, come afferma don Aniello, è un’ampia maggioranza rispetto all’altra e, inoltre, è anche molto critica verso la camorra, perché questi giovani sono consapevoli di come la malavita stia rovinando il loro territorio.

Don Aniello ha scritto alcuni libri, il suo terzo libro, intitolato “La meglio gioventù di Scampia”, parla dei ragazzi appartenenti a questa seconda “categoria”, cinque ragazzi che hanno studiato, si sono laureati e hanno aperto le loro imprese a Scampia e tuttora lavorano lì, non hanno abbandonato il loro territorio.

Perché Scampia si può cambiare solo così, rimanendo sul posto e dando il meglio di sé.

Cristian Bonomini



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