04 Gennaio 2021, 09.30
Lettere

Riflessioni di Capodanno

di Maria Elisa Delai

In questo periodo di grave difficoltà che sottolinea aspetti di criticità per la nostra convivenza, punti di riferimento sono divenuti i colori, ai quali corrispondono norme di comportamento che dovrebbero regolare anche le nostre relazioni sociali


In esse sono contemplate eccezioni di vario genere pensate dal legislatore, io credo, per ammorbidire la rigidità delle azioni.

Mancava un colore, il bianco, che una copiosa nevicata ci ha regalato.

Ripensando a Newton -
che scoprì che il bianco è la mescolanza in giusta proporzione di tutti gli altri colori primari – vedo simbolicamente riflesse le regole non esaustive, che abbiamo spezzettato nei colori, presi a riferimento per esercitare la nostra libertà.

Questo termine, libertà, risuona sulle labbra di tutti, insieme ad altri come necessità di regole e richiamo a responsabilità. Purtroppo, mi pare, con un po' di confusione e retorica sul significato intrinseco e sull'esplicitazione delle azioni conseguenti.

Quando per libertà intendo "faccio quel che voglio...", oppure "ho diritto a divertirmi", o ancora "io rispetto le regole... però... a condizione che io possa.... ", ci si dimentica di essere cittadini, cioè parte di un complesso sistema chiamato collettività.

Le regole che ci siamo dati sono funzionali alla disciplina dei rapporti tra singoli; in una comunità il loro fine è organizzare le relazioni in modo da generare fiducia reciproca.

L'aspetto che generalmente sfugge è il senso del bene comune: il risultato a cui ambire e per il quale queste prassi sono state pensate. Il concetto di libertà, a tal proposito, è strettamente legato a
quello di responsabilità verso noi stessi e gli altri, a cui si deve riconoscere pari dignità.

A quale principio di solidarietà ci si riferisce se pubblicamente e ad alta voce il gestore di un locale ha recentemente giustificato il proprio agire scorretto dicendo " ...se non ci arrangiamo in qualche modo... ", sottintendendo, quindi, la necessità di non rispettare le regole?

Il celebre motto di Kant "_il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me_" è stato completamente dimenticato, oserei dire,travisato perché si verifica il prevalere dell'affermazione del diritto individuale e, quindi, del tutto permesso per raggiungere un obiettivo che avvantaggia solo il singolo a discapito della comunità. Anzi spesso contrapposto a quello collettivo.

Jean-Jacques Rousseau affermava che nulla si può fare se non si parte dall'educazione, che serve a creare uomini nuovi in una società nuova; se non sappiamo trasmettere la capacità di scegliere che non è innata, questa società ha fallito il suo compito educativo, perché la capacità di scegliere si acquisisce attraverso l'istruzione, l'informazione e le regole servono a poco se non osservate; ma è
difficile siano osservate se non vengono assimilate e poi condivise.

Non possiamo accettare il sopruso come parte della nostra cultura, così come è una sfida vincere la tentazione della sopraffazione.

Gli slogan, gli epiteti, le reazioni incontrollate che si leggono sui social esprimono emozioni e sentimenti immediati - non riflettuti - e, per questo, non si traducono certamente nel rispetto di se stessi e dei propri simili.
Torniamo a praticare e a insegnare un confronto rispettoso!

Sentiamo continuamente sentenziare: dopo il Covid, ricominceremo meglio di prima.
Saremo veramente innovativi?
Sapremo distinguere il futile dal necessario?
Sapremo riscoprire i valori fondamentali di cui è portatore l'_homo
sapiens _e sui quali si basa la vita e per i quali vale la pena viverla?

Chissà!

Nella mia piccola esperienza, ho notato che coloro i quali avanzano diritti presunti sono, in genere, coloro che godono di uno status privilegiato. Coloro che necessitano del minimo per vivere, invece, lo attendono con gratitudine da chi si rivolge a loro con un atto di solidarietà.

I filosofi citati sono tutti liberamente accessibili e consultabili online


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