27 Novembre 2020, 14.34
Il ricordo

Hasta siempre Diego

di Luca Rota

Quando a scorrere restano solo i titoli di coda, ed il silenzio fa da colonna sonora raccontando molto di più di quanto possano fare centinaia di parole, ci si concede il tempo di un ultimo saluto, ripercorrendo ciò che è stato e che mai più potrà.


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Si dice che la grandezza di un personaggio si manifesti in larga parte dalle celebrazioni dovutegli nel momento della dipartita. E ciò è vero solo in parte.

Diego Armando Maradona è stato molto di più di qualunque cosa gli si voglia attribuire. Un talento naturale, un predestinato, un uomo in difficoltà, un fenomeno senza eguali, un vizioso, un mago capace di fare col pallone tutto ciò che gli passasse per l’anticamera del cervello, un debole, un leader, una sicurezza per i compagni in campo e una delizia per tifosi, spettatori e per tutti gli amanti di questo sport; un nemico per sé stesso.

Perché se di errori ne ha commessi (e chi non ne commette), ciò dimostra che era solo un uomo, con una dote innata per il gioco del calcio, ed i problemi di qualunque altro essere umano. Ma quando parliamo di Maradona, parliamo di calcio, non di società o costume: se ne ricordino i moralisti.

Egli smentiva con l’insolenza propria solo dei fuoriclasse, quel mito che vorrebbe i “bravi” essere i primi ad arrivare al campo di allenamento, e gli ultimi a lasciarlo. Credo invece che il più delle volte non vi si presentasse affatto su quel campo, ma la cosa non sembrava intaccare in alcun modo le sue prestazioni in gare ufficiali.

Chissà cosa avrebbe potuto fare conducendo una vita da atleta, ci viene spesso da domandarci. Ma se avesse fatto ciò, non sarebbe stato Maradona, è l’unica risposta che riusciamo a darci. Quando qualche benpensante sottolinea quanto fosse dedito più alla cocaina che agli allenamenti, gli si potrebbe far notare che nessun aiuto ha mai ricevuto da quella sostanza infame, solo una grossa zavorra che si è trascinato dietro per anni. Perché essa è stata non la sua forza, ma la sua immensa debolezza.

Un’icona amata dal popolo, perché non ha mai smesso di esserne parte, e ciò lo dimostrano un’intera nazione ed una città come Napoli che oggi ne piangono in modo inconsolabile la scomparsa insieme al resto del mondo sportivo e non.

Mai stato il prototipo dell’atleta modello, né quello dell’uomo ideale: Maradona era semplicemente Maradona; amabile, discutibile, generoso, volubile, forte e debole allo stesso tempo, drogato irrecuperabile e fenomeno inarrestabile, capace di elevare a rango di grande la sua Argentina - di certo non entusiasmante ai tempi - e quelli che dopo il Boca, sono stati gli amori della sua vita: Napoli ed il Napoli.

Ad essi ha offerto gioia e riscatto, regalando emozioni - seppur meramente sportive - che mai prima di allora avevano provato, e che sembrava fossero esclusiva solo delle squadre del Nord.

Un eroe sportivo, in più di un’occasione al servizio dei più deboli, un dio laico del calcio al quale già da tempo erano stati dedicati altarini e preghiere. Un dio del popolo che se invocato, il miracolo l’ha concesso sempre.

Perché sia che fossero sportivi, sociali o dediti a risollevare il morale di terre da sempre sottomesse, sempre di miracoli si è trattato, e non è un caso se gli sono stati dedicati film, documentari e nel giorno della sua dipartita, le prime pagine di tutti i quotidiani mondiali;
o ancora se mezza Napoli si chiama Diego Armando e porta l’orecchino, rigorosamente a sinistra, come Maradona. 



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