05 Novembre 2020, 14.15
Lettere

Settanta milioni al giorno

di Valsabbin* Refrattar*

Settanta milioni non è l'incredibile numero di notizie sul coronavirus con cui siamo quotidianamente bombardati, ma sono gli euro quotidiani della spesa militare italiana


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Dei circa 25,5 miliardi annui che lo Stato italiano dedica alle armi nel suo bilancio, 15 miliardi circa vanno per l'acquisto dei caccia F35, 6 miliardi per le fregate FREMM (nomen omen) non certo strumenti di pace o per portare aiuti umanitari, ma per bombardare distruggere e uccidere e circa 7 miliardi è inoltre la spesa dedicata agli armamenti leggeri, dei mezzi blindati con aziende come Iveco, Fincantieri e Leonardo tra i principali beneficiari.

Vanno alle 36 missioni militari all'estero, con migliaia di militari a difesa degli interessi economici delle grandi corporation, una su tutte l'Eni. La sovrapposizione tra gli stati dove sono attive delle missioni militari italiane e gli interessi dell'Eni è quasi totale. Vanno a finanziare milizie pubbliche a protezione di interessi privati, situazione emersa alle cronache con la vicenda dei marò.

Lo scorso marzo, in pieno clima virus, col decreto "Cura Italia" il governo ha stanziato 25 miliardi di misure economiche straordinarie per rispondere all'emergenza sanitaria. Stesso importo del bilancio annuale per la Difesa.

Il parallelo è inclemente,
senza le spese militari avremmo potuto avere strutture, attrezzature, personale, insomma salute e molte vite in più.
Quanti soldi vengono gettati, quanti ospedali vale una freccia tricolore, quelle passate sopra la testa di Mattarella proprio ieri 4 novembre, feste delle forze armate?

E se già questo aspetto dovrebbe indignarci, a rendere ancora più indigeribile la pillola c'è la Nato che nonostante tutto tira dritto e pretende che venga investito il 2% del Pil nazionale nelle spese militari.

Ma questa analisi non vuole limitarsi alla mera questione economica.

Vogliamo evidenziare come i conflitti sociali ed economici latenti, si badi bene non più chiamati guerre perché è un termine non più politicamente corretto, stiano emergendo sempre più con veemenza e la contrapposizione e frattura tra chi sta in alto e comanda e chi sta in basso è sempre più ampia.

Nel momento in cui, con le ultime crisi economiche e il virus, la ricchezza globale è sempre più concentrata nelle mani di pochi, è naturale pensare come l'insistere sulla spesa militare sia finalizzata alla difesa non di fantomatici confini ma di quelle posizioni di privilegio e di potere affermatesi in questo sistema capitalista.

A questo aggiungiamo che le anamnesi mediche che vanno oltre il quadro clinico e che indagano anche gli aspetti sociali dei pazienti ci indicano chiaramente come le fasce sociali a bassa scolarizzazione, a rischio povertà o povere e che vivono in ambienti di periferia o degradati siano più colpite dalle malattie e anche da questo virus.

Parallelamente queste fasce sociali sono quelle che di fronte a queste ingiustizie sono scese in piazza a gridare lo sdegno e sono state colpite molto duramente per avere messo in discussione lo stato attuale delle cose.

E alla faccia anche dei richiami alla pacificazione e alla responsabilità questo non è più il tempo per stare chiusi in casa aspettando che anche questa crisi passi, muti, miti e isolati.

Ci stanno dividendo, schiacciando e stanno raffinando sempre di più i sistemi di controllo ma soprattutto si stanno armando, stanno infiltrando la società con la cultura militarista, dalle scuole alle fabbriche e stanno mettendo in essere tutta una serie di azioni per reprimere i fermenti sociali che stanno ribollendo e che non hanno ancora trovato una direzione univoca.

"Si vis pacem, para bellum" - se vuoi la pace, prepara la guerra - è una locuzione latina di 1500 anni fa. E se della loro pace non sappiamo che farcene della loro guerra dobbiamo ben guardarcene, perché siamo noi i nemici.

Lo siamo nella misura in cui repressione, soldi, guerra-conflitti sociali e salute sono argomenti assolutamente collegati, perché la guerra si fa con chi non è allineato al pensiero unico e si prepara con tanti, tanti soldi, gli stessi che mancano nel sistema sanitario e nelle nostre vite ma che in fondo sappiamo bene esistere.

Basta solo prenderli o pretenderli.

Valsabbin* Refrattar*
 
Fonti consultate per questo articolo:
Rete italiana per il Disarmo
Osservatorio Mil€x
Fondazione Gimbe

Foto repertorio




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