16 Giugno 2020, 09.30
L'opinione

Decolonizzazioni

di Luca Rota

Sembra che il fondamento della società moderna si basi sempre più su un dualismo pro e contro, meccanismo spesso troppo riduttivo per trattare problematiche societarie che vanno ben oltre il tifo da stadio. Il caso della statua di Indro Montanelli

 
...Quello della rimozione delle statue risulta essere l‘ultimo di una lunga serie.

Chi chiede la rimozione di monumenti eretti in onore di personaggi più che discutibili, non sta soltanto chiedendo giustizia sociale, ma la cancellazione (o la rivisitazione) di simboli rappresentanti azioni ritenute “normali” per le epoche, ma oggi non più giustificabili.

Perché fortunatamente le società si evolvono, e con esse la visione che i popoli hanno di ciò che è stato fatto, quindi quando si parla di riscrivere la storia, si chiede appunto di contestualizzare i fatti, ma di non giustificarli adducendo a questo o a quel motivo.
Perché la storia non si legge, ma si interpreta e si comprende.

Molti di quei personaggi eretti a “monumenti”, termine importante che impone un certo grado di rispetto e di rimembranza, hanno avuto un passato, nonché compiuto delle azioni e molto spesso agito in modo ignobile, per non usare altri termini.

Qualche anno fa il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, fece qualcosa di simile revocando la cittadinanza onoraria al generale Cialdini, comandante dell’esercito sabaudo, macchiatosi di sanguinosi crimini durante l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna. Significativa fu in seguito la rimozione del busto dello stesso, sempre nel capoluogo partenopeo.

La letteratura post-coloniale nella seconda metà del Novecento
, ha buttato giù molti “monumenti”, e l’ha fatto attraverso le penne di giovani scrittori provenienti dai vecchi dominions, adoperatisi nella riscrittura di alcuni classici inglesi, col solo scopo di decolonizzarli.

Uno dei migliori esempi è stato il bellissimo “Foe” del premio Nobel sudafricano J.M. Coetzee, riscrittura del “Robinson Crusoe” di Daniel Defoe, ma nel medesimo contesto figurano tantissime ed interessantissime opere come quelle dei poeti caraibici, tra i quali Derek Walcott (altro Nobel per la Letteratura), che hanno usato la lingua dei colonizzatori (in questo caso l’inglese) per raccontare storie di decolonizzazione, decolonizzando de facto il linguaggio e la sua applicazione.

Perché non è solo un barbaro abbattimento delle statue
ciò che chiedono quei cittadini in rivolta, ma il ripristino di una giustizia storica, ossia la decolonizzazione di quel pensiero imperante per secoli e secoli, che ha fatto in modo si arrivasse ancora oggi a pensare che una razza possa essere considerata superiore ad un’altra, per il semplice fatto di avere la pelle di un altro colore.

Una storiella questa che vide i suoi natali proprio nel mondo anglosassone, con quell’uso tutto inglese di raccontare - per giustificare in qualche modo lo schiavismo operato nell’Africa - che fosse stato Dio stesso ad aver voluto che i neri fossero schiavi dei bianchi, ragion per cui li aveva creati con la pelle di un altro colore.

Se pensiamo alle dichiarazioni di alcuni politici di casa nostra, in alcuni casi persino ministri, ci viene da pensare che ci sarebbe parecchio da decolonizzare a livello di pensiero, ma forse servirebbe a ben poco.
Meglio sarebbe istruire ed acculturare, nella speranza che chi lo faccia non parli lo stesso linguaggio di chi sopra.

Perché prima di abbattere i monumenti, andrebbe combattuto con ogni mezzo quel linguaggio universale, addirittura più diffuso di lingue quali il cinese mandarino, l’inglese, lo spagnolo ed il francese: l’ignoranza.

Riguardo a Montanelli, parentesi nostrana del fenomeno attuale, credo che si tratti della solita italica disputa tra conservatori e progressisti, con i primi come sempre in netta maggioranza, ed i secondi a rivendicare stralci di libertà che in altri contesti risulterebbero scontate e dovute.

L’opera dell’uomo e giornalista Montanelli è ampiamente raccontato dagli scritti stessi del giornalista fiorentino, e chi vi si ritrova in accordo, sarà di certo a favore degli onori al tizio in questione.
Chi al contrario dissente, come chi scrive, sarà di certo a favore della vernice, o più concretamente della destituzione del monumento.

Sono diatribe come queste a far pensare che se le cose fossero andate in un altro modo, oggi si adulerebbero statue di Hitler, Mussolini e Stalin solo perché rappresentanti lo spirito del tempo, issate coi favori di chi comanda e non perché ritenute giuste e meritevoli di essere erette a tale scopo.

Mentre non esiste monumento che non possa essere abbattuto, e ciò ce lo insegna la storia, dalla presa della Bastiglia in poi.
Con buona pace dei fautori dello status quo.




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