Luigi Lo Cascio, tessere la poesia

Proseguono i ‘Viaggi di Acqua’ proposti dal festival itinerante ‘Acque e Terre’, manifestazione certamente fra le più interessanti dell’estate valsabbina e gardesana (www.acqueterrefestival.it).
Gradito ospite della rassegna l’attore palermitano Luigi Lo Cascio, volto fra i più noti della cinematografia italiana contemporanea, che, lo scorso venerdì 27 giugno, ha presentato il suo spettacolo ‘Nei fili del pensiero’ nella bella cornice della Villa Boschi di Bedizzole.

La scena è nuda, due fari azzurrati a pennellare le fronde dei grandi alberi della Villa.
Luigi prende fiato, sguardi d’attesa che incrociano il suo, velato di una cheta ansietà; qualche frase smozzicata al pubblico attento e poi la poesia, la parola che irrompe sulla scena grazie alla nuda voce di lui.

“Una lettura. In senso proprio, un tentativo di raccolta, di raccoglimento” spiega l’attore nelle poche righe di presentazione al suo lavoro, mosaico di letture poetiche tratte dalle opere di alcuni autori siciliani, dai celebri Pirandello, Quasimodo e Sciascia ai meno noti Bonaviri, Ripellino, Basso e Bonanno. “L'orizzonte che unisce queste voci, in ogni caso singolari e d'autonoma ispirazione, è l'attitudine (forse del tutto connaturata all'insularità particolare dei siciliani) a riservare lo spazio del canto a ciò che nella vita si dà come contrasto. Un comune senso di inquietudine sembra generare in tutti questi poeti l'occasione che sempre si ripete di meditare entro i tracciati che la metrica misura.”

La timidezza e vulnerabilità che la voce di Luigi rivela nelle brevi introduzioni alle letture lascia spazio al vigore e forza della parola poetica, che irrompe scotendo e deformando quasi la diafana sagoma dell’attore.
Parole arrembanti, emozionanti, precise, dolci e amare al tempo stesso, autenticamente umane, cariche di un’ambivalente passione che infiamma e opprime da secoli la terra che le ha generate.

“La materia incandescente che si produce nell’istante del turbamento può trovare forma e commistione nelle intermittenze dei versi che costringono il dolore a rivelare, sotto l’assiduo pungolo dei continui "a capo", alcuni tratti di quell’enigma che resterà comunque irrisolto”.

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