23 Dicembre 2019, 09.50
Blog - Genitori e figli

Servono fiabe da raccontare ai bambini

di Giuseppe Maiolo

In questo periodo natalizio, farebbe bene ai bambini un po’di dieta tecnologica. Servirebbe riequilibrare con la fantasia l’esposizione eccessiva alla realtà virtuale che, secondo alcuni studi, riduce le capacità immaginative


Sarebbe bello e davvero utile recuperare l’abitudine di un tempo di raccontare storie che provengono dalla narrativa fantastica e narrare fiabe. Diceva Shakespeare che “Siamo fatti della stessa natura dei sogni” e pensava a quel tessuto vitale che ci appartiene, che ci serve per leggere la realtà e immaginare quello che ci sta dietro.

Questo è il vero motivo per cui le storie di magia hanno sempre affollato la mente umana e la ragione per cui la loro tessitura è simile ai sogni notturni. 

Non pensate né scritte esplicitamente per i bambini, le fiabe hanno da sempre catturato l’attenzione dei piccoli i quali, privi di esperienza e di evoluti strumenti razionali, hanno bisogno dell’immaginazione per dare un significato a ciò che vivono.

In questo senso le fiabe, la cui peculiarità è il lieto fine, parlano loro con il linguaggio della fantasia che aiuta a sviluppare il processo di crescita e di individuazione.

Di certo queste storie di magia e di incantesimi non vogliono insegnare nulla al bambino né intendono spiegargli come e cosa fare per risolvere un problema. Al contrario delle favole, non gli danno risposte sicure, ma lo aiutano a cercare quello che gli serve.

Spetta all’adulto raccontargliele, perché questo narrare permette alla sua fantasia di volare alto e dare spazio alle emozioni più sottili e difficili o ai sentimenti più ingombranti. Le narrazioni, che bisognerebbe fare sempre a voce alta e con trasporto mimico, gli serviranno per riconoscere la paura e il terrore che appartiene alla vita e in particolare all’infanzia.

A Natale, allora, racconterei per prima cosa le fiabe classiche, quelle che ciascun adulto si porta dentro fin da quand’era bambino. Cercherei le storie più turbolente e terrorizzanti, ma che al tempo stesso sono preziose per quella loro precisa caratteristica che è la conclusione positiva e felice. 

È ciò che fa la differenza tra le fiabe e tutte le altre storie, anche quelle costruite per aiutare il bambino a superare alcuni specifici problemi. È proprio l’happy end che serve, è la vittoria del bene sul male e il superamento della sofferenza grazie alla lotta e alla fiducia che alla fine soccorre e premia.

Ciò che invece nelle fiabe viene sempre negato è la sconfitta totale. Non perché non si possa perdere, quanto perché il bambino ha bisogno di credere e di sapere che nella vita ci sono prove da superare dalle quali è possibile trarre forza e energia.

Il lieto fine è la meta di un percorso, il premio che giunge per essere stati capaci di sperare. È la fiducia necessaria a cercare una via d’uscita dal labirinto, quella che serve per superare l’incertezza e il senso di precarietà.

Giuseppe Maiolo
Psicoanalista
Università di Trento
www.officina-benessere.it



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