31 Agosto 2019, 08.00
Val del Chiese
Ricordi

Vita a Bondone negli anni 50 nei ricordi della mia gioventù

di Gianpaolo Capelli

Si avvicinano le Feste della Madonna di Settembre ed è l’occasione per il “nostro” Gianpaolo Capelli di ricordare a chi non ha vissuto in quegli anni com’era la vita di paese per paragonarla a quella dei giorni nostri

                         
I ricordi della mia gioventù, per me che sono nato a Bondone in Val del Chiese, partono dall’inizio degli anni ‘50 e sono lì nitidi nella mia mente. Credo che molti, della mia stessa età, si riconoscano in quanto scritto qui sotto.

Figlio del bottegaio e oste Martino, originario di Ponte Caffaro, che si trasferì a Bondone all'inizio degli anni ‘30, senza “gnà el capel sol cò”, senza possedere niente, come mi diceva.

Anche se non ho mai fatto il carbonaio, restando a contatto nell'osteria di mio padre, con i miei compaesani, che facevano le ore piccole a giocare a carte e alla “morra”, con abbondanti bevute per rifarsi della tanta acqua mal digerita in montagna, ho imparato a conoscere la loro vita, che spesso descrivo e che ho riassunto nella mia poesia “Carbonaio”.

Per onorare “dio Bacco” i clienti “carboner” lasciavano da mio papà una litania di conti in sospeso sia in osteria che in bottega, perché i debiti dell'inverno, se tutto andava bene, venivano saldati l'autunno, quando le famiglie ritornavano dalla montagna.

Bondone, in quegli anni, contava oltre 700 abitanti: la scuola per i ragazzi iniziava a novembre, quando tornavano dalla montagna, fino ad aprile quando ripartivano, con qualche ora di scuola in più per supplire alla carente istruzione dei ragazzi.

Negli anni 60 il parroco, don Mansueto Bolognani, diede vita ad un convitto-scuola per i suoi “piccoli carboner”, dove trovavano vitto e alloggio, essendo i genitori in montagna, ma quello che più contava offriva istruzione anche grazie all'aiuto della maestra Virginia Omicini.
Bondone, pieno di vita in inverno, vuoto e silenzioso in estate quando in paese rimanevano il prete, l'oste, il messo comunale, il postino e noi pochi ragazzi. Le persone anziane erano in montagna con le famiglie, perché non ricevendo nessuna pensione, restavano con i loro cari che garantivano loro il mangiare.

Noi ragazzi non sapendo come passare il tempo, ne combinavamo di tutti i colori e naturalmente era tutta colpa nostra, anche per quello che non facevamo, con solenni ceffoni da parte dei nostri padri.

Agli inizi degli anni 50, il parroco era don Giuseppe Pellegrini, originario di Riva del Garda. In occasione dei grandi lavori delle dighe in valle di Daone, aprì alcuni spacci e anche il patronato Acli, per assistere le migliaia di operai confluiti da varie parti d'Italia per i grandi impianti idroelettrici, con la costruzione delle dighe, prima fra tutte quella di Malga Bissina, occupando con questo invaso, buona parte della Val di Fumo.
Si arrivò ad oltre 5000 operai, testimonianza di Pierino Mantovani che lassù gestiva lo spaccio.

Don Giuseppe era sempre in movimento, ed io come chierichetto, dovevo essere sempre a sua disposizione, a qualsiasi ora, per la celebrazione della S. Messa obbligatoria, veloce e spesse volte con la chiesa vuota.

Nelle calde giornate estive noi ragazzi spesso ci recavano a Baitoni al Lago d'Idro. La spiaggia allora era allo stato brado, ma l'acqua era pulitissima, niente turismo, frequentata da pescatori e da cavatori di sabbia che caricavano a badilate la sabbia sui motocarri per la costruzione delle case nuove della zona.

Era una bellezza vedere le carpe che, in “frega” nella primavera inoltrata, salivano lungo le campagne delle Camarelle, invase dall'acqua e spesso osservavamo “el Mario Pipi” di Baitoni, che le arpionava con la fiocina. Erano talmente tante che volentieri ce ne regalava qualcuna. Non essendoci i congelatori venivano conservate   affumicandole nei camini.

Quando arrivavano le feste della “Madono de setember”, nella prima decade del mese, scendevano dalla montagna diverse famiglie per onorare la loro Protettrice “La Madono dal Bambi en bros”  portandola in processione. Questo per adempiere al Voto dei nostri avi del 1855 fatto alla Madonna di ringraziamento per aver preservato il paese dal colera che in quegli anni aveva decimato la popolazione trentina.

In quei giorni era tutto uno scampanare
che risuonava nella valle per giorni, e noi ragazzi attaccati alle corde per ore, per farle suonare “ad allegria” con la ripetizione in sequenza dei suoni, cominciando dalla campana più piccola, con il campanone che scoccava il suono finale. Si suonava fino oltre la mezzanotte e la torre campanaria che saliva fino in cima al campanile era in legno e a volte per le vibrazioni quando tiravamo in piedi le campane sembrava che crollasse tutto: capitava spesso che con i principianti rimanevano attaccati alla corda finendo a sbattere la testa nel primo assito dell'impalcato.

Nei pomeriggi toccava al sagrestano Sandro Lorenzi, che legava i battacchi delle campane e le suonava a “consert”, a concerto. Purtroppo il motivo era sempre quello.

Grande solennità durante le feste patronali. Venivano invitati anche i parroci dei paesi vicini per la concelebrazione della messa solenne “in terza”.  Il pranzo era pagato dal comune.                   
I carbonai, tornati al paese per la sagra, ne approfittavano per far rifornimento di frutta, verdura e “cavare” le patate che avevano seminato in primavera: in montagna era tutta manna.

Naturalmente, con il ritorno a casa, ad autunno inoltrato dei ragazzi dalla montagna, la vita del paese, si rianima ed era tutto un movimento di iniziative, per rendere la vita meno monotona in un paese dove non c'era niente.

Riprendeva l'ora di catechismo da parte del parroco, guai a mancare e non partecipare alle cerimonie religiose, comportava “il passaggio del vescovo” come si diceva allora, con qualche “cresimata” da parte del parroco e guai a lamentarsi, perché a casa era razione doppia!

Nelle messe domenicali la chiesa era gremita. Noi ragazzi eravamo tutti nei primi banchi, chi faceva il chierichetto, in assenza del sacrestano, dava qualche tirata alla bottiglia del Vin santo per la Messa e, se scoperti, i ceffoni di don Giuseppe lasciavano il segno.

Finito l'orario scolastico e nelle feste,
ci trovavamo tutti assieme. I giochi che rallegravano il nostro tempo libero erano diversi, il nascondino, la cavallina, il gioco del “ciangol” che consisteva nel  far rimbalzare un pezzo di legno a forma di birillo per poi colpirlo al volo e mandarlo più lontano possibile.

Quando nel 1955 arriva la tv all'osteria “del Martì Polme” di Martino Capelli, tutti a vedere “Rin Tin Tin” o “Lascia o raddoppia” in un bar gremitissimo di paesani. La sera per passare il tempo, ci dovevamo accontentare delle storie, di quelle raccontate sempre le stesse, dagli anziani nei “filò”, al calduccio nelle stalle.

Facevamo anche un piccolo gioco d'azzardo con i pochi soldi che avevamo a disposizione. Ci fermavamo lì “al dos de le bole” alla “Levata”, dove ora c'è il monumento al carbonaio, giocavamo ai “mazec”, a soldi con le carte. Il gioco è semplice, perché si gioca anche ora. Il cartaio fa tanti mucchi di carte quanti sono i giocatori, che a loro volta fanno le puntate sul mucchio di carte prescelte, vince chi pesca la carta più alta. Quando vincevamo qualche cento lire, subito di corsa in piazza “al bregn” alla fontana, dal “betolì del Pierino Pepeo”, dove Pierino Mantovani, aveva aperto un piccolo negozio di frutta e verdura, a comperare le “carabole e le beline”, cioè carrube e castagne sgusciate ed esiccate.    Ci si accontentava di poco!

Nella settimana Santa tutti a girare il paese, le campane erano silenziate, e allora noi a  scandire gli orari delle funzioni con “la sgresarolo e la batarelo”, la prima faceva gracchiare delle linguette in legno, che toccavano un cilindro dentato e il ”gracidare” si otteneva  facendola roteare velocemente a 360 gradi, la seconda era un pezzo di legno, con impugnatura, dove erano applicati dei ferri, che oscillando energicamente su  il corpo del legno, andavano a sbattere sullo stesso, che faceva da cassa armonica.

L'arrivo della neve era per noi motivo di grande gioia: tiravamo fuori dal solaio “el simbol” lo slittino e a pancia in giù, via a tutta velocità per la strada vecchia da “mut”, fino quasi a Baitoni. Nel tardo autunno e all'inizio delle nevicate, i contadini di Baitoni, con le “trose” (slitte) si recavano ai Casali, località sopra Bondone a mille metri circa di quota, per prendere il fieno ammassato nei fienili e portarlo in paese.  

In estate i contadini di Baitoni mandavano i ragazzi e le ragazze a tagliare con il falcetto l’erba nei prati di Malga Alpo e l'erba tagliente “la seola” nelle radure dei boschi.

Il fieno allora era prezioso. Ora non si sfalcia più e i boschi avanzano, basta guardare Bondone, fino alle case. Negli anni 50 i campi ben curati e nei prati vi crescevano le piante da frutta.

Le prime comunioni dei ragazzi e delle ragazze, si celebravano all'inizio della primavera, perché poi la gente partiva per la montagna, spesso con i ragazzi sia di Bondone che di Baitoni.
I genitori, pur nella loro povertà, spendevano i pochi risparmi, orgogliosi che i comunicandi si presentassero ben vestiti, al loro primo incontro con Gesù. Graditissima la colazione offerta dal parroco in canonica e preparata dalla sorella Irma: presenti anche i maestri, che erano tre e qualche anno anche quattro. Una bontà il latte con il cacao e i biscotti, che venivano serviti.
La festa terminava così, niente pranzi luculliani e invitati, come si usa ora, e di regali neanche parlarne.

Dopo la sagra di settembre, molto importante per i carboner era la festa dell'Immacolata, una seconda sagra per Bondone. Tutti in chiesa a ringraziare la Beata Vergine  del lavoro appena concluso e per il ritorno a casa in salute, indipendentemente da come era andata in soldi la stagione.

All'8 di dicembre,
dopo la processione alla “santela” (chiesetta) di Plos, i quattro bar erano stracolmi di gente. Arrivavano persone da tutte le parti a trovare le “bele matele”, le belle giovani carbonere di Bondone.

I carbonai, dopo la processione,
si ritrovavano nelle osterie, dove arrivavano “i padrù” i datori di lavoro, per “cordà”, fare un nuovo contratto per la stagione estiva, e noi ragazzi, girando per le osterie, riuscivamo a rimediare qualche spicciolo dai “sensai”, che volevano farsi vedere generosi con i figli dei carbonai.

A metà degli anni 50, in uno stanzone dell'osteria del Martino, fu installato “el vertecal”, una specie di pianoforte meccanico a muro.  Caricata, la molla metteva in movimento il grosso tamburo in legno, sul quale erano inseriti spuntoni in ferro di misura varia: Questi andavano a picchiare i martelletti che a loro volta pizzicavano le corde melodiche della struttura. Ne usciva una composizione meccanica abbastanza piacevole per quei tempi: sul tamburo c'erano poche canzoni, che venivano sempre ripetute, ma per noi ragazzi e ragazze era una goduria e i più esperti davano lezioni di ballo.

Negli anni 60 i giovani di Bondone
scoprirono anche lo sport, specialmente del calcio. Erano i tempi delle squadre milanesi, Inter e Milan, che raggiungevano traguardi europei e internazionali indimenticabili. Nel 1966, presso la Trattoria Centrale fu inaugurato l'Inter Club Bondone, secondo Club in Trentino. L'allenatore era il grande Helenio Herrera, che ha fatto vincere all'Inter coppe di ogni genere.

L'inter Club Bondone ha una storia di partecipazione calcistica molto importante, infatti il piccolo paese, con pochi tifosi, ha vinto per due anni la gara degli striscioni a livello nazionale, voleva dire essere presenti con il proprio striscione lungo 11 metri, sempre in casa e in trasferta per sostenete l'Inter...il presidentissimo Angelo Moratti ogni anno invitava i presidenti  degli Inter club d'Italia al Gallia di Milano, dove erano presenti i giocatori da Mazzola, Corso, Facchetti...tutti! Poco dopo non furono da meno i tifosi milanisti, che fondarono il Milan Club.

Molto numerose le coscrizioni, per la chiamata al servizio militare, che si tenevano verso maggio-giugno, con la presenza dei giovani di tutti e due i paesi. Canti, libagioni, scherzi goliardici prima e dopo, finché erano finiti i soldi. Guai a ritornare a casa con il responso “rivedibile”. Era un’onta che bisognava pagare con i lazzi di chi era “abile” e la nuova visita al Distretto Militare, l'anno dopo, a “mostrar le...” come si cantava allora.

II medico condotto del paese era il dottor Gino Rossi di Storo, quello che ci faceva vedere le stelle a levarci i denti senza anestesia e, quando nevicava, dovevamo scendere in località “re” a spingere la sua Topolino sulla ripida salita. È stato lui che mi ha fatto venire al mondo, come tutti allora, con la “comor” l'ostetrica Valeria Mezzi di Storo. Partorire in casa era una benedizione della Madonna, per le mamme carbonere, perché spesso dovevano partorire “en baita” nelle capanne di frasche in montagna, sopra poveri giacigli.  Si ricorda che nessun nascituro pur “nascendo povero e nudo come Gesù Bambino”, come recita la mia poesia, morì in montagna. La protezione de “La Madona dal Bambì en bros” c'era anche lassù e la loro fede era incrollabile.
Quante piccole catenine d'oro hanno regalato alla Vergine, come ringraziamento!

Poche le tragedie sui monti, come ricorda Pierino Mantovani, nel suo libro “Ricordi di un Carboner”, grave quella della Val Marcia nel Bleggio, dove una mamma carbonera, che aveva da poco partorito, fu colpita da un tronco d'albero e trovò la morte. Mancando la strada la salma fu scesa a valle con il filo, dove si “filettava” il carbone.

I tempi cambiavano anche per Bondone. Eravamo negli anni 70, quando qualche motocicletta e macchina arrivò in paese. Il boom economico portò l'industrializzazione, i giovani carbonai e contadini preferendo un lavoro più leggero e soprattutto più retribuito, abbandonavano quello dei propri padri. Negli anni molti abitanti di Bondone sono scesi a Baitoni; cosicché gli abitanti del primo diminuivano incrementando quelli del secondo.

“Mo el me Bondù l'è semper en del me cor, a se ades stò a Baitù”...

Ma il mio cuore è sempre a Bondone, anche se adesso, abito a Baitoni.

Peccato che non c'è più la gioventù!

Gianpaolo Capelli

In foto:
. Processione 9 settembre 1942, prima messa Padre Faustino Cimarolli
. 1966 Inter Club Bondone secondo in Trentino
. Prime comunioni anni 60 con don Mansueto Bolognani e i maestri
. Alcuni coscritti classe 1945 come si presentavano alla visita di leva


Aggiungi commento:

Vedi anche
19/08/2019 09:30

Bondone e Baitoni festeggiano gli anziani

Un pomeriggio tutto dedicato ai “ragazzi della terza età” dei due paesi quello organizzato per il prossimo sabato, 24 agosto, al Castello San Giovanni di Bondone

20/06/2014 07:00

Tutto pronto per la Baitoni-Bondone Auto in gara domenica 22 giugno lungo la strada provinciale 69 che collega Baitoni con Bondone. In azione i bolidi impegrati nel classico "Slalom" che quest'anno giunge alla sua 21^ edizione

23/10/2019 10:50

Bondone, il punto di lettura compie 12 anni Creata nel 2007, la struttura all’interno della Casa Sociale di Baitoni è un punto di riferimento culturale importante sia per gli abitanti di Bondone che per quelli di Storo e Ponte Caffaro

06/10/2021 07:32

Bondone al voto contro il quorum Gli abitanti di Bondone e Baitoni, domenica prossima 10 ottobre, ritorneranno alle urne per le elezioni del nuovo sindaco e dei consiglieri

11/09/2017 10:00

A Bondone e Baitoni la Madonna di Settembre Sono accorsi in tanti, venerdì 8 e sabato 9, alla festa settembrina dedicata alla Vergine a Bondone e Baitoni, nelle Giudicarie. Una tradizione molto sentita e di grande valore storico e culturale 




Altre da Val del Chiese
28/03/2024

Venerdì Santo con la processione delle bore

A Storo la Via Crucis serale sarà accompagnata da “I Batedùr de bore”, perpetuando un’antica tradizione
VIDEO

25/03/2024

Arriva il Portale Cai dell'Escursionista

Entro l'inizio dell'estate trovare rifugi e strutture dove pernottare lungo sentieri e vie alpinistiche sarà molto più facile grazie alla nuova iniziativa del Club Alpino Italiano con il supporto del Ministero del Turismo

25/03/2024

La Festa del pane trentino

Domenica a Storo la manifestazione presso la sede di Agri 90 con una vasta presenza di panificatori, pasticceri e gastronomi del Trentino

22/03/2024

In memoria dello storico Franco Bianchini

Originario di Condino, aveva pubblicato numerose ricerche storiche e trascritto centinaia di pergamene conservate negli archivi giudicariesi e sabbini. E' scomparso qualche giorno fa

18/03/2024

In piazza a Brescia contro il depuratore

Anche la Federazione delle associazioni che amano il fiume Chiese ed il suo lago d'Idro si sta organizzando per la grande manifestazione di sabato 13 aprile a Bresci organizzata con il Presidio 9 agosto

15/03/2024

Cook en Baita, performance culinaria dal sapore... valsabbino

Ad organizzarla per questo sabato sera, nella trentina Boniprati, lo chef Walter Valerio, con un menu che “tradisce” il suo passato a Barghe

14/03/2024

Un nuovo sportello a Idro

È stata inaugurata ieri a Idro, con ampia partecipazione da parte di soci e clienti, non solo del centro lacustre, una nuova filiale de La Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

09/03/2024

Ricordando il professor Gianni Poletti

Gianfranco Giovanelli, attuale presidente della “Associazione il Chiese”, a un anno di distanza, ricorda il suo predecessore, il professor Gianni Poletti, deceduto il 10 marzo 2023

07/03/2024

Lavori di ripristino in località Mezzolago

Nella notte tra giovedì 7 e venerdì 8 marzo sospensione temporanea dei servizi di telefonia e trasmissione dati in diverse località della valle di Ledro per i lavori di rimozione della frana sulla Ss 240

02/03/2024

La Cassa Rurale, presentati ai soci i risultati 2023

Le assemblee territoriali sono state l'occasione ideale per aggiornare i soci sull'andamento economico 2023 e sulle attività in programma per il 2024