31 Marzo 2019, 15.25
Blog - Genitori e figli

La famiglia adultescente

di Giuseppe Maiolo

Al di là delle roboanti attenzioni per la famiglia che animano il dibattito di questi ultimi tempi, la famiglia e le sue funzioni rimangono al centro delle riflessioni da fare, soprattutto per ciò che concerne il progetto educativo e lo sviluppo della società 


Anni fa il poeta americano Robert Bly scriveva nel libro «La società degli eterni adolescenti», che viviamo sempre di più immersi in una società «orizzontale», che non ha un sopra e un sotto, un prima e un poi; senza più padri e figli, ma neanche nonni e nipoti, siamo diventati tutti fratelli e sorelle. O amici. 
 
È la cosiddetta comunità degli “adultescenti”, dove si rimane eternamente giovani o veri e propri adolescenti che ignorano le responsabilità, prima fra tutte quella di crescere e individuarsi. È di quella famiglia che non aiuta a crescere in cui regna il silenzio, che urge parlare e preoccuparsi. Della famiglia che non comunica, che ha smesso di dare ai figli strumenti utili per leggere la realtà che c’è urgenza di fare progetti di sviluppo. 
 
Difficile infatti immaginare che i ragazzi diventino grandi e maturi, se i modelli di riferimento hanno i tratti del “bonsai”, cioè di una sorta di genitori in miniatura. 
 
Come le piante bonsai che si sviluppano quel tanto che è possibile, dato il poco terreno che sta al di sotto delle radici, questi adulti con funzioni educative restano piccoli, deboli e fragili. E sono quelli che invece di trovare soluzioni, chiedono di frequente «Come devo fare?»  e si aspettano per ogni problema la ricetta magica. Faticano a mettersi in gioco come educatori perché non hanno attrezzi sufficienti o se li hanno non sanno usarli. 
 
I genitori bonsai sono quelli che si identificano totalmente con gli adolescenti. Li scimmiottano e ne riproducono gli atteggiamenti e il modo di fare o di vestire. Ce ne sono alcuni che hanno profili sui social con cui appaiono più adolescenti dei loro figli a cui peraltro chiedono l’amicizia. 
Travestiti da compagnoni, fanno gli amici e rinunciano a quel ruolo di guida che è una specifica funzione genitoriale. Sono gregari e non solo favoriscono i figli ma li difendono a spada tratta senza mai dare loro limiti né indicare cosa si fa o quello che non si deve fare. 
 
Sono adulti che non sanno trovare soluzioni e non sono in grado di insegnare a mediare perché loro stessi non sanno negoziare né trovare compromessi. Pertanto non attrezzano i figli a compiere scelte in autonomia. Invertendo i ruoli, chiedono  loro consigli e suggerimenti e, a guardarli bene, non sai dire chi sia genitore e chi figlio. 
 
Sono eterni fanciulli, per questo adultescenti. È per questa genitorialità sbiadita e inconsistente che si dovrebbero pensare progetti di sviluppo. È alla famiglia dalle relazioni povere e superficiali che bisognerebbe dare appoggio. Altrimenti come prendersela con un adolescente che deve diventare un uomo e per paura di crescere, si ritira nel mondo virtuale che spesso è come “l’isola che non c’è” abitata prima di tutto da adulti di riferimento che non sono riferimento per nessuno?
 
Giuseppe Maiolo
Università di Trento


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