Per la Corte l'imputato «sparò mirando al bersaglio»

"La tesi difensiva di uno sparo puramente accidentale, esploso in quanto la persona offesa avrebbe cercato di strappare l'arma dalle mani dell'imputato, è del tutto irragionevole e inverosimile". È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna a 9 anni e 4 mesi pronunciata dalla Corte d'Assise di Brescia nei confronti di Mirco Franzoni, 34enne che il 14 dicembre 2013 a Serle, uccise con un colpo di fucile un ladro che ore prime era entrato a casa del fratello.

"Ha sparato con il fucile all'altezza della spalla nella posizione di chi è intento a mirare un bersaglio", scrivono i giudici che ritengono che l'imputato abbia "una personalità allarmante. Per aver scelto un'arma di elevatissima potenzialità offensiva, per aver occultato fucile e proiettili dopo il delitto, per aver predisposto una falsa tesi difensiva - si legge - con il compiacente aiuto di testimoni che hanno reso dichiarazioni false per coprire l'amico".

Come già accaduto nel processo di primo grado, anche i giudici d’appello hanno ritenuto false le dichiarazioni rese in aula da Mario e Dario Sorsoli e dal padre e il fratello di Mirco Franzoni. Che avrebbero raccontato una verità costruita per scagionare l’imputato. A partire dalla telefonata ai carabinieri effettuata da Mario Sorsoli, residente a pochi passi dal luogo del delitto, che raccontò di aver sentito uno sparo proprio durante la conversazione con i militari.

«Dichiarazione del tutto falsa» sostiene la Corte. «L’incontro-scontro con Ndoj è avvenuto tra le 19.30 e le 19.55, quindi con una differenza di ben 39 minuti se non di oltre un’ora, con l’ora della telefonata ai carabinieri».

La sentenza della Corte d'Assise di Brescia è stata emessa un anno fa, a settembre è stata confermata in appello. Il pm aveva chiesto una condanna a 16 anni per la morte di Eduard Ndoj, 26enne di origini albanesi.

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