18 Novembre 2018, 14.40
Blog - Maestro John

Dormono sulla collina

di John Comini

Da bambino accompagnavo mio nonno Angelo al cimitero a visitare mia nonna Margherita, sulla tomba c’era scritto “Riposa in attesa della resurrezione”


Il nonno mi diceva: “Eco, i mé mèt lè”. La mattina che è morta la mia nonnina, mia mamma mi ha svegliato con una carezza e mi ha detto dolcemente: “La nonna è andata in paradiso”. Ricordo che in casa c’era un via vai di persone a far visita, mia mamma a tutti quelli che dicevano “Condoglianze” rispondeva: “Grazie, un caffè?”. Era l’ultimo dell’anno, al funerale c’era la neve e il Buccella faceva le foto. La mia nonna è stata portata a spalle dai miei fratelli e dai miei cugini. Io indossavo dei guanti neri di pelle e il cappotto della festa. 
Nella mia casa si respirava il profumo della fede, sapevamo chiaramente che i defunti non erano scomparsi nel nulla, ma vivevano per sempre nell’amore di Dio.

Mia mamma mi svegliava così: tirava su la tapparella, e diceva con voce dolce “Giovanni, ghè mort chel lè, ghè mort chel là…” Insomma, mi raccontava tutti i morti di Salò.  Ogni giorno si diceva il rosario e si pregava “per töcc i nos morcc e per le anime desmentegade”. La sera mio papà pregava “Per el zio… e la zia… e la nona…e la bisnona…” e avevo la netta sensazione che i defunti fossero tutti lì intorno, che ci guardavano con sguardi seri ma buoni dalle fotografie in bianconero.

Alcuni anni fa accompagnavo mia zia Giulia a far visita ai defunti. Le frasi classiche erano “Som che de pasagio… somea che la dorme …l’è bela distesa. Quacc agn? 98: che zuina!” Alcune volte la accompagnavo al cimitero di Salò: è fatto a gradoni, va giù in discesa a precipizio, e io pensavo che durante la resurrezione della carne, gnaummm prima decollavano in cielo quelli in alto, poi a mano a mano tutti gli altri, ultimi quelli sepolti nella nuda terra. Però in compenso avevano la vista lago!

Ai funerali noi chierichetti eravamo composti e serissimi, ma al ritorno dal cimitero ci toglievamo la cotta e tornavamo correndo e ridendo, usando la croce come una lancia dei cavalieri antichi.

Quando mia mamma è andata in Paradiso, accompagnavo mio papà al cimitero a farle visita e lui tornando mi diceva “Me toca lasala là…” Sì perché avrebbe voluto portarla con sé, a casa, e stare insieme a lei ancora per un giorno, o solo per qualche istante, il tempo di darle una carezza.

Girando per il cimitero, guardavo le fotografie e pensavo alle vite di ciascuno, vite straordinarie e vite normali, per la gente magari vite insignificanti, ma sempre vite fatte di amore e di tristezze, di gioia e di delusione, di serenità e di affetti, di sogni realizzati e da realizzare. E quando incrociavo la foto di un bambino, pensavo che persino Gesù non ce l’ha fatta a resistere alla disperazione di una madre e con infinita tenerezza ha fatto rivivere il figlio.

Penso al bellissimo libro di Edgar Lee Masters, “Antologia di Spoon River”, nel quale ogni persona defunta in poche parole racconta la propria vita.
Pare che i rimpianti più comuni confessati da chi è in punto di morte siano:
- avrei voluto vivere la vita secondo le mie inclinazioni e non secondo le aspettative   degli altri
- avrei voluto avere il coraggio di esprimere i miei sentimenti
- avrei voluto restare di più in contatto con i miei amici
- avrei voluto consentirmi di essere più felice
- il dolore davanti al quale sono rimasto indifferente
- aver fatto del male a delle persone o averle, in qualche modo, danneggiate
- le parole sciocche, volgari od offensive uscite dalla mia bocca
- le promesse che non ho mantenuto
- aver comprato cose di cui non avevo bisogno
- il tanto tempo impiegato per perdonare alcune persone
- i momenti in cui avrei potuto pregare di più
- non aver corretto in tempo le persone che avrebbero dovuto essere più educate
- non aver detto parole di riconoscenza, elogio o incoraggiamento a coloro che le meritavano o che ne avevano bisogno
- essermi lamentato più di quanto non sia stato grato
- aver perso tantissimo tempo
- compiacermi dell’adulazione, pur sapendo che fosse finta
- non aver visitato delle persone perché mi sembravano poco interessanti
- non aver amato abbastanza

Noi ci affanniamo, desideriamo, consumiamo cose, affetti, ma non ci basta mai... perché? Forse perché, come diceva sempre Agostino, il cuore sarà sempre inquieto fin quando non riposerà in Dio.
Susanna Tamaro racconta il funerale del padre: “Abbiamo accompagnato la bara al cimitero, camminando in silenzio lungo un viale di querce secolari. Una volta tornati a casa, le persone del paese avevano preparato un vero e proprio banchetto per l’occasione: lasagne, cinghiale, funghi porcini, crostate e vino in abbondanza, e così abbiamo mangiato e bevuto in suo onore. Se riconosciamo il senso profondo dell’umano, la vita e la morte si mescolano e si rigenerano costantemente in una danza che non può suscitare altro che meraviglia.”

Antonella Boralevi racconta di una sposa in America che ha perso il fidanzato a pochi giorni delle nozze (è successo anche a un’amica di mia moglie, purtroppo). “E poi c’è questa foto. Una lapide di basalto nero. Su un prato verdissimo. Ma, abbracciata alla lapide di basalto nero, c’è una sposa. Jessica e Kendall si dovevano sposare il 29 settembre. Lui è morto prima. Pompiere, era sceso dall’auto di servizio per soccorrere un ferito stradale. L’hanno investito come un birillo. Siamo nel cuore dell’America, Stato dell’Indiana. E io non so se questa foto racconta la disperazione. O la speranza. Se dice che vince la morte. O che la morte è vita. Vita nel cuore di chi continua ad amarti anche se sei morto. Ma si è impressa dentro la mia testa. E non se ne va.”


E adesso sto pensando a chi non ce l’ha fatta, e preso dalla disperazione l’ha fatta finita. C’è una canzone bellissima di Eros Ramazzotti dedicata a una ragazza che si è tolta la vita…Si intitola “Sta passando novembre”
“È per te questo bacio nel vento
te lo manderò lì con almeno altri cento…
È per te, forse non sarà molto
la tua storia lo so meritava più ascolto
E magari chissà, se io avessi saputo,
t’avrei dato un aiuto, ma che importa oramai, ora che…
puoi prendere per la coda una cometa
e girando per l’universo te ne vai
puoi raggiungere forse adesso la tua méta
quel mondo diverso che non trovavi mai
Solo che non doveva andar così
solo che tutti ora siamo un po’ più soli qui…
È per te questo fiore che ho scelto
te lo lascerò lì sotto un cielo coperto
mentre guardo lassù, sta passando novembre
e tu hai vent’anni per sempre…
È per te…”

Spesso noi siamo portati a giudicare male queste persone, ma sono certo che anche loro sono nell’abbraccio di Dio, perché Lui è diverso dai nostri miseri pensieri.

Mio zio Tranquillo mi raccontava che in Perù c’è l’usanza di fare un banchetto per salutare i defunti in partenza verso l’al di là. Un giorno era andato a far visita a un moribondo, e per fare coraggio ai familiari ha detto: “Speriamo che ritorni in salute” E loro: “Padre, abbiamo già comperato tutte le cose per il banchetto…”

C’è una stupenda poesia in romanesco del Belli, parla del giorno del giudizio…

“Quattro angioloni co le tromme (trombe) in bocca
se metteranno uno pe cantone
a ssonà: poi co ttanto de vocione
cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca"
Allora vierà su una filastrocca (fila)
de schertri (scheletri) da la terra a ppecorone,
pe ripijà ffigura de perzone
come purcini attorno de la biocca (chioccia).
E sta biocca sarà Dio benedetto,
che ne farà dù parte, bianca, e nera:
una pe annà in cantina (inferno), una sur tetto (Paradiso).
All’urtimo uscirà 'na sonajera (schiera)
d'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
smorzeranno li lumi, e bona sera.”

Speriamo di andare sul tetto… Anche se, come diceva Ennio Flaiano, per gli italiani l’inferno è quel posto dove si sta con le donne nude e con i diavoli ci si mette d'accordo.

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.
maestro John

“Qui giace mia moglie e qui lasciatela giacere. Adesso è in pace, e così lo sono anch’io” (Epitaffio creato dal poeta inglese John Dryden  per la moglie, che però gli sopravvisse…ahi ahi ahi)

Nelle foto:
1) Il funerale di mia nonna Margherita
2) Il funerale della nonna dell’amica Claudia Pozzani
3) La bara è portata dalle donne
4) La foto nello Stato dell’Indiana



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