14 Maggio 2018, 11.29
L'angolo di don Claudio

Il germoglio

di don Claudio Vezzoli

Siamo in una stagione in cui possiamo vedere qua e là dei germogli. Sono germogli della natura, ma quelli dell’uomo sono davvero evidenti, oppure dobbiamo andare in profondità per capire ed intuire?


Qualche germoglio di vita c’è soprattutto dove non si cerca la ”sapienza del mondo” e si impara dalla lezione della storia.
Innanzitutto non dobbiamo aver timore di guardare al passato per scorgere una traiettoria per il presente: ci sono stati tanti germogli positivi che, come cattolico, vanno fatti emergere e ci fanno ben sperare.

Sono germogli che molte volte non si scorgono a causa dei pregiudizi che si sono accumulati nel tempo.

Il guaio fondamentale della nostra società scristianizzata
non è tanto la perdita di fede, ma la perdita della ragione: ci fanno credere che la ragione non deve andare d’accordo con la fede, due sorelline che prima dell’età moderna andavano insieme.
La fede non è alternativa alla ragione e alla libertà di pensiero, ma una sua possibilità positiva per aiutare la ragione a non cadere nell’assurdo. Se è vero che persone credenti hanno avuto delle colpe nella storia, è vero anche che spesso contro l’uomo si è andati anche col supporto della ragione.

Penso che in questo momento storico serva far ritornare nel nostro vocabolario la parola ”verità” e va detto che qualunque falsità o manipolazione ed errore va smascherato e condannato, da qualunque parte provenga.

In politica, dando al termine il più alto significato del termine, i cattolici ci sono ed hanno la forza per servire il “bene comune”?
Soprattutto là dove le ideologie hanno fallito, il cristiano sa manifestare una vera fede?
Ricordiamolo sempre che la fede o è pubblica o non lo è affatto, ed oggi un cristiano deve impegnarsi nella “polis”, non tanto per difendere delle posizioni, ma per servire l’umano, una umanità aperta al trascendente, un Dio non visto come un ostacolo, ma come una opportunità per camminare con tante persone di “buona volontà”, che seppur non credenti hanno il desiderio di costruire una società a misura di persona.

Non dobbiamo più ragionare in termini di “modernizzazione” o ”arretratezza”
rispetto ai valori tradizionali che il cristianesimo propone, ma di esaminare e tenere ciò che è buono, come dice S.Paolo.

Si può parlare ancora di cattolicesimo sociale quando il cattolicesimo esce dalla crisi che lo blocca e quando il cristiano riprende la sua funzione: che non è di adeguarsi al mondo a tutti i costi,  ma di dire con franchezza e lungimiranza ciò che è buono e vero e ciò che è dannoso nella costruzione di una società dove la persona è al centro.

La costruzione di una torre di Babele non è servita a nulla,
forse è meglio costruire ponti là dove persone o gruppi condividono valori, desideri e si impegnano con efficacia nelle sedi opportune dove si decidono le sorti della nostra società.

Il germoglio allora può proseguire nella crescita e diventare un albero maestoso, che con la sua chioma dà ristoro ai viandanti.

don Claudio




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