20 Marzo 2018, 07.30
Calcio

Inzaghino

di Luca Rota

Nel calcio, come nella vita, è difficile essere figli d’arte. Si sarà sempre sottoposti a confronti con l’illustre genitore, e ci si sentirà per sempre in competizione con lui. Stessa cosa capita a chi, d’arte, è “fratello” 


Se tuo fratello è uno dei bomber più temuti d’Italia e d’Europa, mentre tu ti appresti ad entrare nel calcio che conta, sarà difficile non essere per tutti “il fratello di”. Un po’ ciò che accadde a colui che la stampa soprannominò Inzaghino, proprio perché fratello minore di Pippo Inzaghi. Stesso esordio in A (nel Piacenza), stesso ruolo (centravanti), persino una buona somiglianza fisica e somatica. 
 
Simone fu modesto centravanti prima del Piacenza poi della Lazio (con parentesi alla Samp e all’Atalanta), e fece la sua onesta carriera senza clamori (esclusa la quaterna al Marsiglia in Champions), sempre all’ombra del fratello. Non sfigurò mai nel suo ruolo di centravanti, ma paragonato all’Inzaghi senior rimase per forza di cose Inzaghino, fino al giorno del suo ritiro nel 2010, a soli 34 anni. 
 
Poi la scelta di allenare, condivisa anche questa col fratello maggiore; lui in quel di Formello, l’altro a Milanello. Le giovanili biancocelesti lo videro brillante sin dal principio, poi il destino lo vide subentrare forzatamente a Pioli. In gergo li chiamano “traghettatori”, gente che porta a termine la stagione e poi si fa da parte. Infatti, a stagione terminata, Simone ha già pronte le valigie in direzione Salerno, dove la seconda squadra di Lotito era appena risalita in B. 
 
Succede però che i patti col “loco” Bielsa, a cui si era deciso di affidare la panchina biancoceleste, non vengano rispettati, e così all’ultimo secondo, tra lo stupore generale, ad Inzaghi viene riconfermata la guida tecnica della Lazio, dove peraltro la stagione precedente, pur da traghettatore, non aveva demeritato. 
 
Scopriamo così un’audacia tattica ed un coraggio da far venire i brividi. Col materiale a sua disposizione, materia di disputa per l’appunto dell’argentino Bielsa, Inzaghi raggiunge l’Europa League sciorinando bel gioco e gol. Fa esordire anche diversi elementi della “sua” Primavera, che non lo deluderanno, e ne valorizza ben altri ritenuti di basso profilo, rilanciando oltremodo le ambizioni di un bomber dato quasi per finito come Ciro Immobile. 

Il “premio” per il raggiungimento dell’Europa risulta però essergli poco gradito. Vengono cedute pedine importanti (Hoedt e Biglia), rimpiazzate da svincolati o da elementi datati. Lui però non si lamenta, e ai nastri di partenza presenta una squadra ancora più a trazione anteriore, il cui modulo ingannevole (3-5-1-1) nasconde ciò che veramente è: una micidiale macchina da gol! 
 
Proprio Immobile, a nove partite dal termine, ha già superato le 23 marcature della scorsa stagione, mentre altri elementi pagati a cifre veramente ridotte figurano sui taccuini delle grandi d’Europa.
 
Nel frattempo il fratellone Pippo, con cui mantiene sempre un rapporto che definire ottimo sarebbe riduttivo, allena in B a Venezia, da dove ha deciso di ripartire dopo la fallimentare esperienza nel suo Milan. Lì dove anche lui era stato “promosso” dalle giovanili. A differenza di Simone, però, sembra essere un gran difensivista, in netta contrapposizione col suo passato da punta ultra segnante. 
 
Simone invece i gol li fa ancora, forse per ridurre il gap che li aveva divisi da calciatori, o forse perché è il solo modo che conosce di far giocare le sue squadre.

Non chiamatelo più Inzaghino, però. È cresciuto, e si vede.  
 
 


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