27 Gennaio 2018, 08.50
Storo
Viticoltura

Lotta alla flavescenza dorata

di Aldo Pasquazzo

Alla riunione convocata qualche giorno fa da Agri 90' per discutere delle modalità di trattamento della grave malattia delle viti sono accorsi in più di cento, viticoltori e non


L'altra sera ad Agri 90', all'interno del Palazzo vetrato dei contadini - a Ca Rossa di Storo – erano presenti oltre 100 persone, tra cui numerosi viticoltori, alla riunione indetta dal padrone di casa per discutere del problema della flavescenza dorata, una grave malattia che colpisce esclusivamente la vite.
 
A relazionare e confrontarsi sul tema erano presenti diversi esperti, tra cui la dottoressa Lorenza Tessari della Provincia e alcuni rappresentanti della Cantina Toblino. 
 
La flavescenza dorata è provocata da un fitoplasma, microrganismo simile ad un batterio che viene trasmesso da un insetto denominato Scaphoideus titanus. Contro questa malattia esiste un decreto di lotta obbligatoria (DM 31 maggio 2000) che impone l’estirpo delle piante sintomatiche e la lotta all’insetto vettore.
 
L’applicazione di tale dispositivo è assicurata da uno specifico provvedimento del Servizio Agricoltura, che viene aggiornato annualmente, anche sulla scorta del monitoraggio annuale condotto dai tecnici della FEM (Fondazione E. Mach) per conto dell’Ufficio Fitosanitario provinciale.
 
“La Flavescenza dorata - afferma la dottoressa Tessari - è molto pericolosa perché, come avvenuto anche recentemente in altre regioni viticole italiane, può avere effetti devastanti sui vigneti. Nel corso degli ultimi anni è emerso che anche il territorio della Valle del Chiese è interessato dalla presenza della malattia, con un trend in aumento piuttosto significativo rispetto al resto del territorio provinciale.
 
I relatori si sono poi addentrati nelle diverse specifiche realtà, in modo da fornire agli intervenuti un quadro dettagliato della situazione e dei relativi trattamenti. 
 
Ancora la dottoressa Tessari. “Purtroppo a nulla valgono i decreti di lotta obbligatoria e le altre fonti normative se il problema non viene condiviso da tutti i soggetti coinvolti: l'Ufficio Fitosanitario, i vivaisti, i viticoltori singoli e associati cantine) e i possessori, proprietari e conduttori a qualsiasi titolo di vigneti amatoriali o di aree vitate. Sono queste ultime, in particolare, le situazioni che preoccupano maggiormente, in quanto determinano il maggior rischio di diffusione della patologia a seguito di comportamenti scorretti dettati dall’incuria, dall’ignoranza (nel senso etimologico del termine) o semplicemente dal fatto che le viti più o meno coltivate non costituiscono, in molti casi, fonte di reddito”. 
La dottoressa  ha poi concluso: “Senza questa sinergia, senza gioco di squadra la malattia non solo non sarà sradicata dal territorio, ma al contrario mostrerà recrudescenze anche pericolose per tutto il settore vitivinicolo trentino”.
 
Imperativo, dunque, mantenere alta la guardia su questa grave patologia estirpando alla radice ogni singola pianta di vite sintomatica, per evitare che dalla ceppaia si sviluppino nuovi polloni, sicuramente infetti; è necessario inoltre non asportare tralci da zone infette per eseguire sovrainnesti ed eseguire i trattamenti contro l’insetto vettore nel migliore dei modi (per tempi e modalità di esecuzione del trattamento) avendo la consapevolezza che il trattamento non “risolve” comunque il problema, perché l’unica misura veramente efficace è l’estirpo di tutte le piante infette dal territorio.
 


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